Il Giappone apre le porte agli stranieri

Un Paese sempre più solo. È quanto emerge dai dati demografici ufficiali presentati ieri dal Governo giapponese: con circa 921.000 nascite 1,36 milioni di morti, la popolazione del Giappone è, infatti, calata di 433.239 unità attestandosi a un totale di 124,8 milioni dall'inizio di quest'anno. Secondo fonti ufficiali, si tratta della decima contrazione demografica annuale. 

Sempre più lavoratori stranieri

Per fronteggiare la carenza di forza lavoro del Paese, il governo del premier Shinzo Abe ha varato una riforma, entrata in vigore lo scorso 1° aprile, che rivede le politiche d'immigrazione. Secondo il censimento, oggi il numero degli stranieri approdati nel Paese del Sol levante si attesta a 2.667.199 cittadini e solo quest'anno ne sono entrati 169.543. L’Ufficio di Gabinetto del Giappone ha rilevato che il Paese sconta oggi un fabbisogno di circa 1,2 milioni di lavoratori, concentrato maggiormente nel settore alberghiero, delle costruzioni, dell’agricoltura, della pesca e della ristorazione.Lo scenario demografio degli ultimi anni ha spinto le aziende del Paese a rivedere i settori della manodopera con l'ausilio del governo: la riforma sopraccitata, infatti, propone di aumentare le tutele giuridiche e l'integrazione dei cittadini stranieri produttivi e di rafforzare, al contempo, le misure che combattino lo sfruttamento dell'assistenza sanitaria o del diritto d'asilo. Per questo, alcuni criticano denunciano le misure come fortemente lesive della dignitià della persona umana, indebitamente sfruttata da aziende che si avvalgono di manodopera a basso costo.

Il cuore della riforma

In Giappone per accedere ai programmi di formazione tecnica – della durata di tre anni – è necessario aver compiuto 18 anni. La nuova riforma, però, cambia tutto, prevedendo l'istituzione di tre categorie di lavoratori stranieri. Secondo il governo giapponese, saranno circa 340.000 i lavoratori stranieri che beneficeranno di tali permessi. Esclusi saranno i tirocinanti che hanno completato il triennio della formazione tecnica. Per poter restare nel Paese, costoro dovranno accedere al permesso di soggiorno “Tipo 1”. Coloro che non avranno preso parte ai programmi tecnici, potranno ottenere il visto solo superando un test di lingua giapponese e di verifica delle competenze professionali. La riforma cambia la funzione del programma di formazione, non più limitato ai tre anni, ma deputato alla creazione di un percorso volto all'ottenimento del visto. Tra il 2012 e il 2017, il Giappone ha ammesso ai programmi di tirocinio circa 480.000 stranieri. Chi avrà accesso al permesso di soggiorno “Tipo 1” potrà cambiare datore di lavoro e soggiornare in Giappone fino a cinque anni, purché gli sia rinnovato il contratto di lavoro. La nuova riforma trasforma il programma di formazione triennale in un requisito utile ad ottenere lo status di residente. I permessi temporanei rilasciati ai tirocinanti o ai lavoratori specifici, al contrario, non comporteranno necessariamente l'estensione del diritto di residenza ai familiari dei titolari. Questi benefici saranno concessi solo ai titolari del permesso di “Tipo 2”, che prevederà un rinnovo a tempo indefinito e il diritto al ricongiungimento familiare. Ma chi potrà accedere a questo tipo di permesso? Solo i lavoratori impiegati nel settore edilizio e nella cantieristica navale

Una rivoluzione

La riforma, che entrerà a regime a partire da oggi, segna un passo decisivo per un Paese rinomato per la sua tradizionale chiusura. La grande novità della normativa riguarda l'equiparazione dei lavoratori stranieri a quelli giapponesi, sia in termini di diritti che di retribuzione. Il governo ha anche chiarito che l'eventuale licenziamento di tirocinanti o lavoratrici straniere in caso di gravidanza costituisce un reato punibile nell’ambito della legge sulle pari opportunità d’impiego. Un passo in avanti, senza ombra di dubbio.