Il Cremlino mostra i muscoli: più armi per sconfiggere l’Occidente

Le sanzioni economiche dell’Unione Europea alla Russia sono supportate anche dalla Nato. Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Alleanza Atlantica, dichiara l’importanza di punire chi viola il diritto internazionale, e vede la pena economica come la migliore, perché “l’alternativa sarebbe tra non fare nulla e usare i mezzi militari”, ma ci tiene a precisare che “non ci può essere soluzione militare”, e sono quindi le sanzioni il miglior modo per cercare la soluzione negoziata con l’accordo di Minsk, il Consiglio straordinario dei ministri degli esteri Ue ha infatti deciso di prolungarle fino a settembre. Inoltre tengono a precisare il ministro degli esteri Paolo Gentiloni e l’alto rappresentante per politica estera della Commissione Europea, Federica Mogherini, che se la situazione sul campo si dovesse aggravare, l’Ue si dice “pronta ad adottare ulteriori sanzioni”.

Sempre più dure le risposte da Mosca: se ieri è uscita dal Consiglio d’Europa fino a fine anno, oggi il ministro della difesa russo Sergei Shoigu, citato da Interfax, ha annunciato che la Russia “rafforzerà i gruppi delle proprie forze militari nelle aree strategiche”. Anche il capo di Stato maggiore del Cremlino Valeri Gherasimov ci tiene a precisare che un imponente arsenale nucleare e la “crescita del potenziale bellico” assicureranno alla Russia la superiorità militare sull’occidente, le forze russe a partire da quest’anno dovrebbero disporre di più di 50 missili.

Il ministro degli affari esteri Lavrov continua a sostenere che il consiglio dei ministri esteri Ue è solo un’ostaggio di una minoranza aggressiva che vede nella crisi Ucraina un “pretesto per imporre misure russofobe e impedire una normale cooperazione Russia-Ue. Continuano intanto ad inasprirsi i conflitti sul fronte ucraino: nelle ultime 24 ore nei combattimenti sarebbero morte 12 persone tra civili e militari e 46 sarebbero i feriti. Oggi sono anche saltati i nuovi colloqui di Minsk previsti nella capitale bielorussa: i leader delle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno lasciato la città accusando i rappresentanti di Kiev di aver rifiutato di partecipare ai negoziati, come ha riferito uno dei separatisti, Denis Pushilin.