Il “Beppe Grillo” ucraino tenta gli elettori

LUcraina si appresta a recarsi alle urne per quelle che si prevedono essere le elezioni più discusse ed imprevedibili in un Paese che ha dato spesso modo di far parlare di sé negli ultimi anni. Gli equilibri di potere che hanno, con molta difficoltà, guidato l'Ucraina nella fase post-Majdan sono pericolosamente saltati, le ambizioni europee ed atlantiste ridimensionate, mentre la Russia sembra essere riuscita nell’intento di mantenere inalterati i suoi obiettivi strategici (con una Crimea russa ed un Donbass ancora sul piede di guerra) pur vedendo tramontare in maniera irreversibile i rapporti bilaterali con Kiev, che si appresta ad eleggere il proprio presidente in condizioni estremamente particolari.

In corsa

La Commissione elettorale ha registrato ben 39 candidature, nelle quali, secondo i più recenti sondaggi, a farla da padrone sarebbero i tre candidati più mediaticamente in vista: il presidente uscente Petro Porošenko, la esponente del partito “Patria”, Julija Timošenko e poi la sorpresa Volodymyr Zelenskij, attore comico, salito agli onori della cronaca per il suo uso molto inclusivo dei social network e dei mezzi comunicativi, svincolato da qualsiasi ideologia politica, nonché ispirato dal titolo del programma da lui condotto, “Sluha narodu” ossia “Servo del popolo”, una sorta di serie tv in cui lo stesso Zelenskij, professore di storia dal nome di Vasyl Holoborodko, viene eletto presidente dell’Ucraina in perenne lotta contro la corruzione.

Il vento dell'antipolitica

Proprio quest’ultima candidatura sembra aver colpito nel profondo l’animo degli ucraini, tormentati da una diatriba nazionale e sociale che sembra essere terminata nel peggiore dei modi: al penultimo posto per benessere in Europa (meglio solo della Moldavia), impantanata in un conflitto armato che sta dissanguando le casse dello Stato e l’animo della società civile, con un potente fratello-nemico alle porte ed un’Europa che, dalla realtà concreta del 2014, sembra essere diventata una pericolosa chimera. Il volto nuovo di Zelenskij ha dato l’ennesima speranza al popolo ucraino, che sembra voler dare fiducia al comico preferendolo a scatola chiusa: la rabbia nei confronti dei vari Porošenko, Jacenijuk ed Avakov è, infatti, così forte (così come la delusione per aver sprecato l’occasione del Majdan senza aver approvato alcuna riforma strutturale sul modello occidentale) da spingere il popolo a preferire Zelenskij anche solo per non essere un politico (o, quanto peggio, un oligarca) di professione. A Kiev qualcuno ha già paragonato la sua figura a quella di Beppe Grillo e del “populismo” del Movimento 5 Stelle, sebbene il movimento di Zelenskij non abbia alcuna connotazione politica in senso stretto, se non quella veicolante la rabbia nei confronti di un sistema che, negli ultimi 5 anni, ha saputo soltanto promettere la Luna peggiorando di gran lunga la situazione economica del Paese rispetto ai tempi del tanto vituperato “filo-russo” Janukovič.

Poco appeal

I sondaggi, infatti, parlano chiaro: l’Ucraina è stanca della gestione inconcludente della fase post-Majdan e di tutti i gruppi di potere rappresentati da imprenditori e politici di professione, ormai ancorati allo sciovinismo e alla retorica confessional-nazionalista che ha sempre contraddistinto i momenti peggiori della storia ucraina fin dai secoli passati. Zelenskij domina i sondaggi con circa il 27% delle preferenze, mentre i due avversari principali, Porošenko e Timošenko viaggiano appaiati attestandosi intorno al 16-17%. La bocciatura nei confronti del “re del cioccolato” ucraino è netta: Porošenko ha improntato tutta la sua strategia elettorale coerentemente al suo percorso politico. “Armija, Mova i Vira”, ossia “Esercito, lingua e fede” contro il comune nemico russo, per una piena autodeterminazione del popolo ucraino sia in senso politico, che in quello linguistico-religioso. Le provocazioni nello stretto di Kerč’, le trattative perennemente aperto per un ingresso di Kiev nella Nato, nonché l’autocefalia della chiusa ucraino-ortodossa sono i capisaldi della politica del presidente uscente che vede in Julija Timošenko un’avversaria distante dal punto di vista politico ma non troppo da quello ideologico: le sue posizioni filoccidentali sono cosa nota, mentre il suo apprezzamento è legato alle regioni più occidentali del Paese come la Galizia e la Volinia. L’elettorato, però, sembra stanco di combattere un nemico che, nella pratica, non si è ancora palesato. Il conflitto nel Donbass sta logorando le forze morali di un popolo stanco di attendere, la Crimea è de facto persa, persino in tv si continua a parlare russo, mentre lo scisma religioso non ha influito così come ci si aspettava: parecchi credenti, legati alla vecchia tradizione, sono rimasti fedeli al Patriarcato di Mosca non intuendo alcun legame tra la ripartizione secolare del credo ortodosso e le recenti frizioni politiche. In poche parole, il gioco del nazionalismo spicciolo servito dagli oligarchi di turno non sembra funzionare più.

L'analisi

Lo sa bene il politologo ucraino Volodymyr Iščenko, che non ha esitato a definire la prossima tornata elettorale come un’elezioni valida per gli oligarchi, nonché il sistema politico stesso come un “regime neopatrimoniale”, dove i vari profili politici anche appartenenti alle stesse forze rappresentano il vertice di strutture piramidali alla base delle quali è posto l’interesse di determinati gruppi di potere legati all’imprenditoria e alla finanza in generale. Porošenko ed Avakov muovono i fili del nazionalismo e dei gruppi di estrema destra come l’influente battaglione Azov tentando di ravvivare la fiamma del Majdan per coprire la realtà dei fatti: si stava meglio quando si stava peggio. Ci si chiede, a questo punto, da dove spunti l’esperimento mediatico Zelenskij, quale sia la sua linea e quale la sua strategia. Il momento politico ucraino è sembrato propizio per calcare la sottile linea di confine tra realtà e fiction: alienati da un panorama che lascia poco alla speranza, tra morti al fronte orientale e crisi economica, gli ucraini non sembrano capire fino a che punto stiano appoggiando Zelenskij o Holoborodko, il simpatico personaggio televisivo da lui interpretato. Il famigerato uomo d’affari Igor Kolomojskij, proprietario del canale televisivo 1+1 sul quale è andato in onda il programma di Zelenskij, starebbe manovrando il suo burattino per ostacolare il nemico Porošenko, reo di aver nazionalizzato la PrivatBank di proprietà di Kolomojskij. Ciò rappresenterebbe un nuovo amaro punto di svolta per Kiev: la fine dell’epoca dell’ideologia e l’inizio della commedia.