I prezzi del petrolio ai minimi da 5 anni: il Venezuela a rischio default

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Il prezzo del petrolio continua a scendere e, probabilmente, restera su questi livelli per tutto il 2015: in questi giorni, il greggio ha subito il più sostanzioso calo negli ultimi 6 anni, toccando i 60 dollari al barile, un ribasso che non si vedeva da luglio 2009.

I mercati finanziari hanno immediatamente subito lo scossone derivato calo dei prezzi, in particolare per quanto riguarda New York e le borse asiatiche: questo ha messo ulteriromente in difficoltà i Paesi produttori di greggio in un circolo vizioso che ha costretto l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’Energia, a rivedere al ribasso le stime sulla domanda globale di oro nero, per la quarta volta in cinque mesi.

Il rapporto mensile dell’Agenzia,ha ridotto la stima di crescita della domanda di 230 mila barili, indicando un aumento di soli 900 mila barili (circa l’1%) nel 2015, pari a 93,3 milioni di barili al giorno. Sono invece confermate le previsioni per quest’anno, con una crescita di 700 mila barili. Inoltre, l’agenzia ha citato le “aspettative negative sui Paesi esportatori”, lanciando un allarme sul “possibile aumento dell’instabilità sociale” e sulla potenziale espansione del rischio default per diversi Paesi, a causa del trend del mercato petrolifero.

Le ripercussioni di questo scenario sono di diverso tipo: i maggiori produttori Opec, ovvero Arabia, Kuwait e Iraq hanno deciso di vendere petrolio ai loro clienti asiatici offrendo enormi sconti, innescando una guerra dei prezzi al ribasso. Allo stesso tempo, sui costi del greggio pesa la situazione nell’Est Europa: dall’altra parte, invece, gli Stati Uniti si sono affidati in maniera massiccia allo shale gas, riducendo la richiesta di oro nero.

Una situazione che rischia di peggiorare notevolmente per alcuni Paesi in particolare, come il Venezuela, uno degli Stati con le maggiori risorse al mondo: secondo un report di Moody’s, Caracas rischia seriamente il default se le quotazioni del petrolio si stabilizzassero intorno alla quota dei 60 dollari al barile: malgrado il Paese guidato da Nicolas Maduro possieda le riserve più importanti di oro nero sull’intero pianeta, ha un enorme deficit fiscale e la spesa pubblica a livelli insostenibili.

Le esportazioni del Venezuela, infatti, dipendono per il 96,1% dal petrolio e dai suoi derivati, mentre le casse pubbliche sono alimentate per il 65% dalla produzione di greggio: il calo repentino dei prezzi è quindi per Caracas un vero disastro.