Hunt al posto di Johnson ma May rischia

Corre ai ripari Theresa May, alle prese con una crisi di governo che rischia di minare non solo la stabilità dell'esecutivo britannico ma anche il percorso verso la Brexit, complice l'effetto domino che la “svolta soft” sull'uscita dall'Ue ha portato dopo la riunione fiume a Chequers, provocando in brevissimo tempo l'addio del ministro competente, David Davis, e quello anche più clamoroso di Boris Johnson, titolare degli Esteri. Ed è proprio la casella lasciata vuota dal brexiters, nonché Tory ortodosso, ex sindaco di Londra a essere riempita, in modo rapido, dalla premier britannica: sarà Jeremy Hunt il nuovo segretario agli Affari esteri, fino a poche ora fa al dicastero della Sanità e appartenente all'ala moderata dei Tories per quanto riguarda le relazioni europee.

Jeremy Hunt

Il cambio è dunque radicale: dall'ultraconservatore e promotore della linea ferrea sui negoziati, Johnson, al moderato e filo-May Hunt, 51enne che, dal 2010, ricopre ininterrottamente una carica nell'esecutivo, dal Ministero dello Sport (con ruolo di responsabile dell'organizzazione dei Giochi olimpici londinesi del 2012) a quello della Sanità. Ora, nel nuovo ruolo, la prima sfida si presenterà già in settimana, con la visita di Donald Trump in Gran Bretagna prevista per giovedì. Un tema non propriamente inerente alla vicenda Brexit ma comunque un test importante per capire quale sarà la linea che, da questo momento, il governo May adotterà per tenere in piedi l'esecutivo, già indebolito dalle elezioni dello scorso anno e ora alle prese con una crisi interna che rischia di spaccare, se non lo avesse già spaccato del tutto, il precario equilibrio in casa Tory, con conseguente avanzamento dei consensi per l'ala Labour, per il momento alla finestra.

Scenari

Hunt verrà sostituito nel suo precedente ruolo da Matt Hancock, 39 anni e da poco nominato ministro della Cultura, ruolo che ora sarà affidato all'ormai ex attorney generale Jeremy Wright, 45. Un rimpasto-lampo dell'esecutivo che, però, resta appeso a un filo: tutto dipenderà dalle ripercussioni che gli addii di Johnson e Davis avranno all'interno dei conservatori, con crescente possibilità di un voto di sfiducia per la premier May. Del resto, le dimissioni dei ministri hanno palesato una divergenza d'intenti sulla questione Brexit che aveva spaccato i Tories già da molto tempo, praticamente all'indomani del referendum e in concomitanza con l'avvio delle trattative con l'Ue, con nodo gordiano sui mercati. Stasera l'incontro fra May e i deputati, col serio rischio che la crisi possa trasformarsi in caduta.