Hariri conferma: “Ritiro le dimissioni”

Il premier libanese Saad Hariri ha confermato l'intenzione di ritirare le sue dimissioni ma non ha nascosto i timori per la sua sicurezza. Nel corso di un'intervista a Paris-Match, ha spiegato di essere sempre in pericolo di morte. “Le minacce sulla mia vita? Ci sono sempre, ho molti nemici – ha affermato- gli estremisti e il regime siriano. Questo ha pronunciato una pena di morte contro di me. Mi accusano di ingerenza nel loro Paese. Francamente vi immaginate noi libanesi fare ingerenza in Siria?”.

Il passo indietro

Al settimanale francese, Hariri ha detto inoltre che l'obiettivo delle sue dimissioni annunciate a inizio novembre dall'Arabia Saudita era richiamare l'attenzione internazionale. “Volevo che il mondo capisse che il Libano non può più tollerare le ingerenze di un partito come lo Hezbollah negli affari dei Paesi del Golfo, dove vivono 300.000 libanesi. Sono molto importanti per la nostra economia. Non dobbiamo pagare per i comportamenti di Hezbollah”. Quanto alla situazione generale del Libano, “vive un piccolo miracolo. Non abbiamo subito ciò che accade in Siria, Iraq, Libia, Yemen”. In precedenza, partecipando ad una cerimonia per l'anniversario della nascita di Maometto, Hariri aveva detto: “Le cose sono positive e se questa positività rimane, annunceremo ai libanesi la settimana prossima il ritiro delle dimissioni, insieme al presidente della Repubblica Michel Aoun e il presidente del Parlamento Nabih Berri“. 

L'arresto

Un giudice investigativo libanese ha, intanto, incriminato un noto attore e scrittore, Ziad Itani, per collaborazione con Israele. Itani, il cui fascicolo è stato trasmesso ad un magistrato militare, è accusato anche di possesso di stupefacenti. L'attore è stato arrestato venerdì scorso perché sospettato di avere raccolto informazioni su politici libanesi da trasmettere ad Israele. Secondo la Direzione per la sicurezza nazionale, l'artista è stato arrestato dopo diversi mesi di controlli e indagini “in Libano e all'estero”. Il Libano e Israele sono formalmente in guerra, e ai cittadini libanesi è fatto divieto per legge di avere qualsiasi contatto con Tel Aviv.