Erdogan attacca gli Usa: “Cacofonia su Kobane”

“Cacofonia”, questo il termine utilizzato dal presidente turco Tayyip Erdogan in riferimento all’atteggiamento degli Stati Uniti sulla situazione a Kobane, la città al confine turco-siriano assediata dai soldati dello Stato Islamico da oltre un mese. “Abbiamo chiaramente espresso agli Usa le nostre opinioni su Kobane. Abbiamo anche detto che non troviamo appropriato che un Paese alleato fornisca armi a gruppi che si ritiene siano legati al terrore – ha detto ieri Erdogan di ritorno da Parigi sull’aereo presidenziale – Vengono comunque paracadutate armi dai C-130, alcune arrivano al Partito dell’unione democratica curda siriana (Pyd), altre finiscono nelle mani di Daesh, anche se accidentalmente stando a quanto hanno detto”.

Già venerdì, a seguito del colloquio con il presidente francese Hollande, Erdogan aveva accusato gli Usa di bombardare solo Kobane dove, a suo dire, non ci sarebbe quasi più nessuno a parte duemila combattenti. Ieri è arrivato l’affondo all’amministrazione americana i cui organismi “suonerebbero in modo differente sulla questione. Il portavoce della Casa bianca – ha attaccato il presidente turco – dice una cosa, quello del Pentagono un’altra e quello del dipartimento di Stato un’altra ancora”.

Non solo Usa però, nel mirino di Erdogan c’è anche la stampa internazionale colpevole, secondo il premier turco, di condurre una guerra psicologica contro il suo Paese. Erdogan ha poi accusato i media nazionali di collaborazione in questa campagna fatta di “bugie” su una serie di questioni: la libertà di stampa, la guerra in Siria e le politiche sull’educazione religiosa.