Erdogan a Bruxelles: “Stop ai negoziati se non aprite nuovi capitoli”

“Non c’è altra soluzione se non aprire quei capitoli che non avete aperto fino a oggi. Se li aprite, bene. Se non li aprite, arrivederci“. Forte della (sia pur contestata) vittoria al referendum sul presidenzialismo, Recep Tayyip Erdogan torna a rivolgersi all’Unione europea con toni duri, lasciando presagire un abbandono delle trattative per l’ingresso nel “Club dei 28“. “Prima, dovete occuparvi di questi capitoli, dovete mantenere le vostre promesse. Dopo potremo sederci a un tavolo. Altrimenti non avremo più nulla di cui discutere”, ha detto ai vertici di Bruxelles, mentre i suoi deputati lo accoglievano in pompa magna dopo 979 giorni da “esiliato”: è il primo effetto del presidenzialismo, che gli ha permesso di tornate a iscriversi al suo partito, di cui tra 20 giorni sarà nuovamente incoronato leader in un congresso straordinario.

Un “arbitro-giocatore”, accusa l’opposizione laica del Chp, denunciando “una sospensione di fatto dell’ordine costituzionale in Turchia”. Mentre il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, annuncia un “grande vertice” con l’Ue dopo il summit Nato di fine maggio, che al momento non trova conferme da Bruxelles, Erdogan torna anche a minacciare uno stop all’accordo sui migranti, assicurando che “la Turchia non è il portiere” dell’Ue.

In questi giorni Erdogan è a Sochi per un faccia a faccia con l’alleato ritrovato Vladimir Putin. Sul tavolo, ha fatto sapere il Cremlino, ci sarà “ovviamente” la crisi siriana, proprio mentre ad Astana inizia il nuovo round negoziale per rafforzare la tregua, sempre nel formato trilaterale con l’Iran. Ma in agenda, dopo la firma dell’accordo sul Turkish Stream nell’incontro di ottobre a Istanbul, ci sarà anche un rafforzamento dei rapporti bilaterali, dal turismo al commercio, fino al capitolo strategico della difesa. La Turchia, secondo esercito della Nato, potrebbe acquistare dalla Russia il sistema antiaereo S-400, per una cifra che la stampa di Mosca stima in almeno 2 miliardi di dollari. Un accordo che segnerebbe un nuovo, deciso spostamento a est dell’asse di Ankara.