Ebola: 70 persone entrate in contatto con il paziente morto negli Usa

Almeno 70 persone del personale del Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas sono state coinvolte nella cura di Thomas Eric Duncan, il paziente “zero” morto per Ebola negli Usa pochi giorni fa. I 70 operatori sanitari rischiano di essere stati contagiati dal virus come accaduto all’infermiera 27enne Nina Pham, attualmente in isolamento e in condizione di salute definite “stabili”. I funzionari governativi, lunedì scorso, hanno dichiarato che la prima trasmissione della malattia avvenuta in territorio statunitense ha rivelato carenze sistemiche nel “protocollo di protezione” dal virus che deve sostanzialmente cambiare nei prossimi giorni.

“Dobbiamo ripensare il nostro modo di affrontare Ebola, perché anche una sola infezione è inaccettabile” ha dichiarato Thomas Frieden, direttore dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) in conferenza stampa. Frieden non ha spiegato in dettaglio come i protocolli di sicurezza debbano cambiare o in che modo gli ospedali devono far avviare la formazione per i medici di prima linea o gli infermieri che entrano in contatto con pazienti infetti. Ma il suo messaggio era chiaro: con Ebola, non vi è alcun margine di errore. Il caso di Dallas non deve essere ripetuto.

Secondo lo studio compiuto da Associated Press, sono circa 70 gli operatori sanitari che hanno prestato cure sanitarie a Duncan. Ognuno di loro potrebbe aver contratto il virus che si trasmette con facilità attraverso i liquidi corporei. Nel frattempo, le 48 persone conosciute che hanno avuto possibilità di contatto con Duncan prima del suo ricovero in ospedale, di cui 10 “ad alto rischio” – familiari che si presero cura di lui o hanno soggiornato nello stesso appartamento – continuano a non mostrare alcun sintomo. “Tutti sono a posto”, ha affermato Aaron Yah, l’uomo in quarantena insieme ad altri parenti di Duncan. Yah ha aggiunto che nessuno, neppure la fidanzata di Duncan, hanno mostrato segni di infezione.

Le autorità tedesche hanno ufficializzato oggi il decesso di un dipendente delle Nazioni Unite contagiato dall’Ebola, deceduto nell’ospedale Sankt Georg di Lipsia dove era in cura da giovedì scorso. L’uomo, un sudanese di 56 anni proveniente dalla Liberia, era stato fatto rientrare in Germania a bordo di un aereo speciale attrezzato per il trasporto di pazienti affetti da malattie contagiose, dopo che aveva manifestato i primi sintomi della malattia emorragica.

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è sentito telefonicamente con il Presidente francese Francois Hollande per fare il punto sull’emergenza Ebola. “I due leader sono d’accordo sul fatto che bisogna fare di più e più velocemente” informa la Casa Bianca. Il presidente americano e quello francese hanno quindi sottolineato come “tutti i Paesi devono fare la loro parte per fermare il contagio”. Obama e Hollande hanno concordato sul fatto che sono necessari “centri per il trattamento della malattia nei Paesi africani colpiti dall’Ebola e fare di tutto per salvare le vite delle persone infettate dal virus”. I due leader hanno anche discusso sulle ulteriori misure che possono essere prese per contenere la diffusione dell’epidemia al di fuori dell’Africa, compresi i controlli sui passeggeri negli aeroporti di partenza e di arrivo.