Così la Russia accoglie i bianchi perseguitati dai neri

Fuga dall’Africa. Ma ad emigrare non sono soltanto i neri, che l’immaginario collettivo identifica come i perseguitati per eccellenza. C’è una minoranza che in Sudafrica subisce indicibili violenze ormai dal lontano 1994, cioè da quando è finita l’apartheid ed è iniziata l’era di governo del Congresso nazionale africano (Anc). Si tratta dell’8 per cento di popolazione bianca, concentrata soprattutto tra le vaste distese coltivate, che si trovano tra Johannesburg e Pretoria: enormi fattorie che spesso diventano il bersaglio di assalti, rapine armate, omicidi efferati. Per avere un’idea: l’associazione Transvaal Agricultural Union (Tau) (che riunisce proprietari terrieri bianchi) stimava nell’autunno scorso che 64 contadini sono stati uccisi nelle loro proprietà nel 2015, 71 nel 2016, e 68 nei primi nove mesi del 2017Sempre la Tau rilevava che nel Sudafrica dei 54 omicidi ogni 100mila abitanti (il tasso mondiale è di 9), nella comunità agricola questo sale a 138, il più alto al mondo. Razzismo antibianco o criminalità comune? Difficile da stabilire con precisione. È possibile che i due fenomeni coincidano; fatto sta che per i bianchi in Sudafrica il clima è sempre più ostile. Nei giorni scorsi si è consumato un atto che non può che essere interpretato come un nuovo affronto nei confronti degli agricoltori bianchi, che pur essendo l’8 per cento possiedono almeno due terzi delle terre coltivate del Paese. A seguito delle pressioni da parte di gruppi della sinistra, il presidente Cyril Ramaphosa ha annunciato che opererà una modifica della Costituzione per consentire l’avvio del processo di espropriazione dei terreni di proprietà dei bianchi senza compensazione. Un modo, secondo i fautori di questo gesto, per riparare ai danni dell'apartheid.

Ecco allora che i bianchi sudafricani (chiamati afrikaner o, nel caso dei discendenti degli olandesi, boeri) hanno iniziato una lenta ma inesorabile fuga dal Paese. Libero scrive che sono già 82mila quelli che hanno raggiunto altre mete: l’Australia del primo ministro Malcolm Turnball che ha dato la disponibilità ad aprire le porte rischiando una crisi diplomatica con il Sudafrica, Nuova Zelanda, Gran Bretagna e Stati Uniti. Ma non solo. La Russia di Vladimir Putin ha avviato dal giugno scorso contatti con le comunità bianche sudafricane per sancire un accordo di accoglienza nella regione meridionale di Stavropol, una zona dal clima temperato e dunque ricca di terreni che aspettano soltanto di essere coltivati. E chi meglio degli operosi afrikaner può aiutare la Russia a trasformare questa regione in un fiorente volano dell’agricoltura? I bianchi che intendono fuggire dal Sudafrica garantirebbero al Paese ospitante di arrivare con 100-150 mila dollari in tasca, un gruzzolo sufficiente a non pesare sulle casse statali. I primi profughi sudafricani sono già sbarcati in Russia e, come testimoniano le immagini di questo servizio tg, una volta accolti in aeroporto con calore, sono stati accompagnati a visitare il locale museo di Stavropol e a parlare con il clero ortodosso. L’esperimento – riporta sempre l’edizione di Libero di domenica scorsa – potrebbe essere bissato nei distretti di Rostov sul Don e di Krasnodar e in Crimea. Così la Russia esprime solidarietà concreta verso una popolazione oppressa e, al tempo stesso, ottiene un’immigrazione qualificata.