Corruzione: in Brasile il colosso petrolifero Petrobas finisce sotto inchiesta

“Autolavaggio”, è questo il nome dell’inchiesta aperta su richiesta del procuratore generale brasiliano, Rodrigo Janot, che ha chiesto alla Corte Suprema di poter processare 54 politici sospettati di aver accettato mazzette dal colosso petrolifero nazionale Petrobas, travolto da un grosso scandalo. L’inchiesta fino a oggi ha coinvolto 39 persone, tra cui imprenditori, ex dirigenti e politici, accusati di riciclaggio di denaro sporco, abuso d’ufficio e crimine organizzato.

Gli accusati, avrebbero beneficiato di un sistema di “retrocommissione” con cui Petrobas ha costituito fondi neri per almeno 3,7 miliardi di dollari, anche se c’è chi parla della somma di 28 miliardi di dollari. Tra i 54 politici ci sarebbero anche il presidente della Camera Eduardo Cunha, e del Senato, Renan Calheiros. Lo riferiscono fonti giudiziarie. Il primo, che ha commentato, “il caso si sgonfierà”, è esponente di spicco del Partito Laburista Cristiano, che fa parte della maggioranza che sostiene il presidente Dilma Roussef e il suo Partito dei Lavoratori. Il secondo, presidente del Senato per il quarto mandato consecutivo, ed è membro del Partito del Movimento Democratico Brasliano, formazione centrista al governo con Roussef. Calheiros, che ha dichiarato di “non avere alcuna informazione” a riguardo, è stato coinvolto nel 2007 in precedenti scandali di corruzione.

L’inchiesta è stata battezzata con questo nome perché si sospetta che costruire questo autentico tesoro in nero siano stati riciclati fondi anche attraverso la rete di distributori di benzina. Ma già qualcosa era nell’aria, infatti la società era in gravissima difficoltà da mesi. All’inizio di febbraio l’agenzia internazionale Moody’s ha abbassato il rating della compagnia e il 5 febbraio sei dirigenti tra cui l’amministratrice delegata Maria dal Gracas Foster si sono dimessi, e si sospetta che abbiano pagato al Partito dei Lavoratori di Roussef centinaia di milioni di fondi neri. Al 25 febbraio l’indebitamento netto dell’azienda aveva superato 91 miliardi.

Comunque, la società è sospettata di avere, tra il 2004 e il 2012, pagato consapevolmente prezzi maggiorati per forniture di beni e servizi per poi redistribuire sotto forma di tangenti la differenza tra i costi effettivi e le somme spese. Per la legge brasiliana è la Corte Suprema l’unica assise autorizzata a processare un deputato. La presidente del Brasile, Dilma Rousseff, non è direttamente coinvolta nello scandalo, anche se tra il 2003 e il 2010 ha fatto parte del consiglio di amministrazione dell’azienda.