Cina e Usa ai ferri corti

Se la Cina da un lato costruisce ponti con la Santa Sede, dall'altro inasprisce le relazioni con gli Stati Uniti. Oggi Pechino ha deciso di convocare l'ambasciatore americano nel Paese asiatico Terry Branstad per protestare contro le sanzioni imposte da Washington a una sua agenzia militare a seguito dell'acquisto di jet e missili dalla Russia. Lo riporta un breve articolo postato sul sito web del Quotidiano del Popolo, la “voce” del Partito comunista cinese.

La mossa – come riferisce l'Ansa – è maturata all'indomani della “indignazione” e della “protesta” espresse dal portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang che aveva chiesto la loro cancellazione oppure di farsi “carico delle conseguenze”. Il nuovo scontro segue le tensioni bilaterali che spaziano ormai dal commercio e dai dazi, alle critiche della Casa Bianca seguite alle inchieste giornalistiche sulla persecuzione dei cristiani cinesi, ai contenziosi territoriali e alla militarizzazione del mar Cinese meridionale. Nel convocare l'ambasciatore Branstad, il viceministro degli Esteri, Zheng Zeguang ha “manifestato una solenne protesta formale sulle sanzioni Usa contro i militari cinesi”, si legge nel breve dispaccio. Giovedì – riferisce ancora l'Ansa – Washington ha varato le misure contro l'Equipment Development Department del ministero della Difesa cinese per gli acquisti di 10 supercaccia Sukhoi Su-35 e dei sistemi missili terra-aria S-400, fatti – è l'accusa – in violazione delle sanzioni varate contro Mosca per l'annessione della Crimea e per l'intromissione nelle elezioni politiche americane.