Che guaio le sanzioni all'Iran, e la Cina…

Il rapporto con l'Iran è uno degli interessi più solidi dell'Italia in Medio Oriente dal punto di vista economico, culturale e per tutti gli equilibri politici”. Parola di Pino Cabras, membro in quota Cinque Stelle della commissione Affari esteri della Camera, intercettato da In Terris a margine del seminario “La Repubblica islamica dell'Iran al tempo delle sanzioni” andato in scena a Roma nella Sala Tatarella del palazzo del Gruppi parlamentari. 

Quadro complesso

In un quadro geopolitico complesso, caratterizzato forcing anti-Teheran che arriva dagli Stati Uniti dopo l'uscita dall'accordo sul nucleare l'Italia deve barcamenarsi, come sempre ha fatto, “fra alleanze molto forti“. L'Ue in questo momento non aiuta, visto che le relazioni bilaterali dei singoli Stati sembrano prevalere sulla linea comune suggerita da Bruxelles. Le prossime elezioni comunitarie ci restituiranno un quadro europeo più forte, in grado di resistere all'aggressività di Washington e di tutelare i propri operatori economici? “Lo auspico ma sono pessimista – risponde Cabras – perché temo che la situazione in Europa dopo il voto sarà ancora confusa. L'unica speranza risiede nella crescente reazione popolare alle politiche di austerity, le quali possono essere superate anche intessendo rapporti economico/commerciali forti con i Paesi del Mediterreano e asiatici“. 

L'evento 

A Cabras, e al chariman di Vision and Global Trends – che ha organizzato l'evento – Tiberio Graziani sono toccati i saluti istituzionali. I lavori veri e propri, moderati dall'analista di Vision and Global Trends Filippo Romeo, sono iniziati con la relazione di Alberto Negri, senior advisor per il Medio Oriente e il Nord Africa dell'Ispi. “L'Italia è il principale partner commerciale dell'Iran – ha ricordato – in ballo ci sono commesse per 30 miliardi di dollari”. Le sanzioni Usa e le minacce di ripercussioni sulle aziende occidentali che continuano a lavorare con Teheran rappresentano dunque un potenziale pericolo per queste relazioni. “I nostri rapporti con l'Iran sono antichi – ha spiegato – e devono andare avanti, almeno sotto il profilo culturale e scientifico. Gli Stati Uniti ci chiedono di violare un trattato internazionale firmato nel 2015 sulla base di una risoluzione Onu. Così facendo si pongono al di fuori della legalità. Continuano sulla strada del doppio standard nelle relazioni in Medio Oriente: si sanziona l'Iran e si fanno affari con l'Arabia Saudita“.

Affari

Il direttore dell'ufficio dell'Istituto nazionale per il commercio estero di Teheran (Ice), Augusto Di Giacinto, in diretta Skype dalla capitale iraniana, è entrato nel merito dell'interesse del nostro Paese nella Repubblica Islamica. “Con l'Iran il valore dell'interscambio nel 2017 è stato di 5 miliardi di euro – ha sottolineato -. Quest'anno il trend resta positivo, nonostante le difficoltà. Gli iraniani conoscono bene la tecnologia italiana. Ne hanno bisogno. Se lasciamo spazi vuoti qualcun altro li occuperà, la Cina ad esempio”.

L'accanimento americano

L'ex ambasciatore italiano in Iran, Alberto Brandanini, ha posto l'accento sulla contradditorietà della politica americana in Medio Oriente. “A parole dicono di volere un regime change – ha affermato – ma questo risultato si ottiene con un dialogo che porti al cambiamento, non con le sanzioni. Senza dimenticare che l'Iran è oggetto di misure ritorsive da 40 anni e non ha mai chinato la testa. Qual è dunque l'interesse americano? C'è sicuramente la volontà che Teheran non si leghi a Russia e Cina, in particolare sul fronte energetico. C'è il business delle armi. E ci sono ragioni di politica interna, penso alle lobby filo israeliane che hanno un peso rilevante nell'elezione dei presidenti Usa. Tel Aviv è un alleato di cui Washington non può fare a meno”. Gli Usa poi “concentrano la loro attenzione sulle questioni di politica estera nonostante Teheran abbia rispettato tutti gli impegni previsti dall'accordo sul nucleare. Piuttosto dovrebbero interessarsi delle dinamiche interne alla Repubblica Islamica, che è una dittatura”. 

La tentazione cinese

Sulla questione dei diritti umani non ha risposto Mahmoud Radboui, consigliere affari esteri dell'ambasciata iraniana in Italia, preferendo concentrarsi sulle conseguenze delle sanzioni Usa sui partner strategici dell'Iran. “Gli Stati Uniti ci colpiscono solo per motivi economici, per il denaro, perché fanno affari con i sauditi – ha spiegato – l'Iran è un mercato importante, molto interessato alla tecnologia italiana. Dovete scegliere voi se mantenere questi benefici, se continuare a fare business con noi. Un'amministrazione americana dura pochi anni, le relazioni possono durare secoli”. L'alternativa per Teheran, perlatro, esiste e si chiama Cina, la quale “sta investendo tanto per introdurre la sua tecnologia in Iran”. 

La posizione europea

Il direttore dell'Institute of Global Studies, Nicola Pedde, si è concentrato, fra le altre cose, sul tentativo, da parte dell'Unione europea, “di realizzare un percorso di adattamento delle posizioni dei singoli Paesi nei confronti dell'Iran”, portato avanti da Federica Mogherini. Due sono le difficoltà. La prima è di ordine finanziario, visto che “il dipartimento di Stato Usa minaccia ripercussioni sugli asset americani delle banche europee che facciano operazioni nella Repubblica Islamica“. La seconda è di ordine cronologico. “Non sappiamo quanto durerà questo processo di adattamento”. Nelle more il quadro politico interno all'Iran rischia di cambiare. “Rohani è ferocemente contestato dalle opposizioni per i risultati non raggiunti – ha proseguito Pedde –  e sta cominciando ad alzare i toni nei confronti non solo degli Stati Uniti”. 

Gli ultimi a prendere la parola sono stati il prof. Sandro Furlan (Vision & Global Trends), che ha spiegato la complessità del quadro iraniano e la storica conflittualità con gli Usa. Washington, ha sottolineato, “non può fare dell'Iran un'altra Iraq. Non prederanno mai in considerazione l'intervento militare“. D'altra parte “gli iraniani non chiedono un cambio di regime, vogliono migliori condizioni economiche ma da un punto di vista politico non vedono alternative”. Giovanni Saccà (resposabile studi trasporti ferroviari del collegio amministrativo amministrativo) ha infine evidenziato il ruolo svolto dall'Italia nella realizzazione di infrastrutture strategiche in Iran e quello che può ancora svolgere in futuro.