Che c'è da sapere sul caso che coinvolge politici e vip

Elisabetta II e il Principe Carlo, Bono Vox, Madonna, Lewis Hamilton, George Soros e tanti altri. Senza dimenticare multinazionali come Apple e Nike. Tutti coinvolti nel caso dei Paradise Papers, la gigantesca fuga di notizie su centinaia di casi di elusione fiscale. L'inchiesta  del Consorzio internazionale di giornalismo investigativo svela investimenti presso paradisi fiscali di politici in tutto il mondo, imprenditori, reali e star della musica internazionale.

L'inchiesta

Tutto è partito dal giornale tedesco Suddeutsche Zeitung, che ha ottenuto montagne di file sui segreti dei potenti del mondo, e che ha deciso di condividere con i giornalisti dell'Icji, cui fanno parte, tra gli altri, il New York Times, il Guardian, Le Monde, la Bbc, e per l'Italia L'Espresso. Nel database cono contenuti circa 13,4 milioni di documenti riservati provenienti da due studi internazionali di professionisti che forniscono e gestiscono società offshore. Si tratta di Appleby, fondato nelle Bermuda, con nove filiali in altrettanti paradisi fiscali, e Asiaciti Trust, quartier generale a Singapore e altre 7 sedi in luoghi come isole Cook, Hong Kong, Panama e Samoa.

I vip coinvolti

Oltre a reali e personalità del mondo dello spettacolo, del cinema e della politica, sono tanti gli appartenenti alle elite mondiali che avrebbero occultato le proprie ricchezze in trust e fondi d'investimento. Tra i nomi citati nei documenti figurano, come detto, la cantante Madonna e il leader degli U2 Bono Vox (al secolo Paul Hewson), il co-fondatore di Microsoft Paul Allen e il magnate George Soros. Tra i politici statunitensi spicca Wilbur Ross, attuale segretario al Commercio del presidente americano Donald Trump, mentre tra i democratici emerge Wesley Clark, generale dell’esercito Usa, già in corsa per le elezioni presidenziali del 2004. Per il Canada fa scalpore il nome di Stephen Bronfman, consulente e amico stretto del primo ministro Justin Trudeau ma nel dossier figurano anche i nomi dei colossi Facebook, Twitter, Nike e Adidas.

La regina e lo zar

Tra i clienti degli studi offshore compare la sovrana d'Inghilterra, con circa 10 milioni di sterline investite in un fondo delle isole Cayman e provenienti da una delle sue proprietà, il ducato di Lancaster. Ma tra i nomi dei personaggi coinvolti spunta anche quello di Noor di Giordania, indicata come beneficiaria di due trust nell’isola di Jersey. Contattata, scrive L'Espresso, la regina della Giordania ha precisato che si tratta di “lasciti destinati a lei e ai figli” dal defunto re Hussein, il padre di suo marito, “che sono stati sempre amministrati in base alle regole e ai più elevati standard etici e legali”. Non solo: dai file è emerso che Ross avrebbe delle partecipazioni in una società che elenca tra i suoi principali partner il genero del presidente russo, Vladimir Putin.

Le società offshore

Ma cosa sono le società offshore? Si tratta di organizzazioni che hanno una sede diversa rispetta a quella nella quale l'azienda svolge la gran parte dei suoi affari. Luoghi nei quali è possibile sfruttare un regime tributario più morbido o leggi più flessibili. Per questo non si può parlare di evasione ma di elusione fiscale. Attività che non è di per sé illegale ma sta comunque creando grande imbarazzo nei personaggi e nelle imprese coinvolte. 

Contromosse

Per far rientrare i soldi nelle casse statali, l'amministrazione Usa sta studiando una “supertassa” da inserire nella riforma fiscale voluta da Trump. Si tratta di un prelievo del 20% sulle somme che le multinazionali versano all'estero, nelle casse di società affiliate. Il gettito previsto è di 154 miliardi di dollari in 10 anni. Nel mirino finirebbero tutte quelle multinazionali che si rifiutano di assoggettare la filiali alla giurisdizione dell'agenzia delle entrate statunitense. Lo scandalo è poi finito sul tavolo dei ministri Ue che da mesi cercano l'accordo sulla proposta della Commissione europea di creare una lista nera dei paradisi fiscali. “Scandali di questo tipo sconvolgono l’opinione pubblica – ha affermato lunedi il commissario all’economia Pierre Moscovici – perché dimostrano che esistono ancora imprese o persone ricche che sono disposte a tutto per non pagare le tasse, come invece fanno i cittadini. Ma è anche una buona notizia perché aiuta a sensibilizzare, in particolare gli Stati membri, sulla necessità di effettuare progressi nella lotta contro la frode e l’evasione fiscale”.