Cambridge Analytica chiude

Negli ultimi mesi Cambridge Analytica è stata oggetto di numerose accuse infondate e, nonostante gli sforzi della società di correggere le informazioni, è stata denigrata per attività che non solo sono legali ma sono ampiamente accettate”. Con questo comunicato la nota società britannica, nome di spicco dell'inchiesta-scandalo sull'impiego dei dati per fini elettorali attraverso Facebook, ha annunciato la cessazione immediata della sua attività, scottata in modo estremamente grave dal Datagate e già priva del suo amministratore delegato, Alexander Nix, sospeso un paio di mesi fa in corrispondenza con l'annuncio di un'indagine interna per appurare l'operato dell'azienda durante le campagne elettorali delle presidenziali americane e della Brexit. Indagine che, evidentemente, non è bastata a far chiarezza e, men che meno, a far riconquistare credibilità a Cambridge Analytica che, a questo punto, chiude i battenti.

Lo scandalo

L'onda lunga del caso ha travolto, in simile misura, anche la stessa Facebook con il fondatore e Ceo Mark Zuckerberg chiamato a esporre davanti alle commissioni riunite del Congresso degli Stati Uniti, per dar conto del ruolo giocato dal social e del rapporto intrattenuto con la società britannica. Cambridge Analytica ha subito un'ingente perdita di clienti e innalzato di colpo le proprie spese legali (come spiegato al 'Wall Street Journal' da una fonte vicina), vedendosi costretta a dare forfait, travolta da uno scandalo che ne aveva già ampiamente compromesso l'attività di sondaggio. Già nel marzo scorso, all'indomani dell'esplosione del caso, le parole del whistleblower Christopher Wylie, avevano contribuito ad accendere i fuochi della polemica e a descrivere, almeno in parte, gli aspetti della vicenda: “Abbiamo sfruttato Facebook per raccogliere i profili di milioni di persone – aveva detto Wylie -. E abbiamo costruito modelli per sfruttare ciò che sapevamo su di loro e mirare ai loro demoni interiori. E' su questa base che l'intera società è stata costruita”.

Ai vertici di C.A., di proprietà del miliardario Robert Mercer, vi era l'ex stratega Steve Bannon, uomo forte dell'entourage del Tycoon ed ex fedelissimo del Tycoon. Secondo quanto emerso dai dati raccolti a seguito dello scandalo, sarebbero almeno 87 milioni gli utenti coinvolti nella presunta attività di appropriazione dati della società britannica.