Brexit, un Tory saluta: Johnson senza maggioranza

Brutta botta per Boris Johnson, al quale aver bloccato i lavori della Camera dei Comuni non è bastato per mettersi al riparo dal vento di tempesta: il tiro mancino glielo ha giocato l'ex sottosegretario Philip Lee, un Tory anti-Brexit, che con una mossa a sorpresa passa allo schieramento LibDem e lascia il premier senza maggioranza assoluta, una situazione che nemmeno a Theresa May era capitata. L'assottigliamento progressivo della coalizione Tory-Dup, che aveva salvato l'ex premier per il rotto della cuffia in un voto anticipato che sembra avvenuto un secolo fa, ha fatto sì che la forbice sufficiente ai Tories per mantenere la leadership si riducesse a un solo deputato. Un margine che, con l'addio di Lee ai conservatori per passare alla corte di Jo Swinson, diventa solo un bel ricordo.

Scontro con Corbyn

Per il momento Johnson se la cava perché la perdita della maggioranza numerica non comporta la caduta automatica del governo. Di sicuro, la posizione di forza del premier brexiteer non ne esce rafforzata, anzi: la mossa di Lee scopre il fianco di Johnson alla possibile richiesta di sfiducia, proprio quello che volevano Jeremy Corbyn e i laburisti, stratagemma che consentirebbe al Parlamento di mettere in discussione la leadership del premier e consentire di superare lo scoglio dello stop alle Camere ben prima del Queen's Speech. Ben più immediata, la legge anti-no deal che i Comuni intendono presentare e che, ora più che mai, rischia di mettere in discussione la linea dura di Johnson a tempo di record: il premier ha ribadito che la Brexit si farà il 31 ottobre, con o senza accordo, e che un'eventuale legge contraria impedirebbe la ridiscussione del backstop il 27 del prossimo mese. Dura la replica di Corbyn, secondo il quale “questo non è più solo il governo del caos, è anche il governo della codardia” e, nondimeno, Johnson “attacca la democrazia del Paese per imporre il suo no-deal”. Uno scontro aperto che si risolverà a stretto giro e che mette in ballo non solo la leadership Tory del Parlamento (già decaduta peraltro) ma anche il futuro della Brexit stessa. E, come accaduto fin troppe volte negli ultimi tempi, l'unico spettatore (distaccato?) è proprio Bruxelles.