Bolivia, Morales accusa Trump: “Colpo di Stato”

Bolivia

Nell’anno che si è aperto con l’autoproclamazione di Juan Guaidò come presidente in Venezuela in aperta sfida al socialista Nicolas Maduro, ancora al suo posto, in Bolivia è stato destituito Evo Morales e ora accusa la Casa Bianca.

Come ai tempi del piano Condor

La complicità degli Stati Uniti nel “colpo di stato” realizzato in Bolivia è “così evidente che l’ambasciata statunitense in Argentina parla a nome dei golpisti e chiede al presidente Alberto Fernandez una limitazione al mio status di rifugiato politico”, sostiene l’ex presidente boliviano, Morales. Alludendo all’incontro avuto da una delegazione dell’ambasciata degli Stati Uniti a Buenos Aires con il ministro degli Esteri argentino Felipe Sola in cui è stata presentata una protesta per la sua attività politica in Argentina, Morales ha parlato via Twitter di un comportamento che ricorda “i tempi del Piano Condor” esistente all’epoca delle dittature militari in America latina. In un secondo tweet, riferisce l’Ansa, Morales ha aggiunto che “il governo “de facto” della presidente ad interim Jeanine Anez, di Luis Fernando Camacho e Carlos Mesa non ha alcuna autorità morale per parlare di sovranità, quando in questo momento la Bolivia è governata dagli Stati Uniti”. E, riferendosi alle tensioni con il Messico per le pressioni nei confronti dell’ambasciata messicana a La Paz dove sono rifugiati nove ex membri del suo governo, Morales ha sottolineato che il governo boliviano “non rispetta il diritto internazionale che protegge tutte le missioni diplomatiche accreditate nel Paese”. 

Bufera diplomatica

Incidente diplomatico tra la Spagna ed il governo ad interim della Bolivia che ha denunciato che “persone che sono state identificate come funzionari dell’ambasciata spagnola, accompagnate da persone con il volto coperto e presumibilmente armate, hanno cercato di entrare in modo clandestino nella residenza diplomatica del Messico”.  In una conferenza stampa, Karen Longaric, ministra degli Esteri del governo di destra che si è insediato dopo le dimissioni il 10 novembre scorso e la fuga di Evo Morales, ha detto di aver inviato una lettera di protesta al ministero degli Esteri spagnolo, denunciando “queste interferenze” nella sovranità boliviana, affermando di aver inoltrato la denuncia, corredata da foto e video, anche all’Unione Europea, all’Onu e all’Organizzazione degli Stati americani.  Di fronte a queste accuse, sottolinea Adnkronos, il ministero degli Esteri spagnolo ha avviato  un’inchiesta interna anche con l’invio nei prossimi giorni di una missione in Bolivia. Ma allo stesso tempo ha negato che l’azione dell’incaricata d’affari a La Paz, Cristina Borreguero, avesse “come obiettivo facilitare l’uscita” dei dieci ex alti funzionari del Movimento per il Socialismo (Mas) che facevano parte del governo dell’ex presidente Morales. 

Intrigo internazionale

La vicenda di questi funzionari, evienzia Adnkronos, sta creando tensione tra La Paz, che ha emesso mandati di cattura contro quattro di questi,  e Città del Messico che fino a poche settimane fa offriva rifugio all’ex presidente e leader del Movimento per il socialismo che dal 12 dicembre si è trasferito in Argentina, dove anche è stato raggiunto da un mandato di cattura boliviano. Longaric ha spiegato che la polizia boliviana è intervenuta per bloccare l’ingresso di veicoli e persone con il volto coperto che “rappresentavano una potenziale minaccia”. Mentre al personale diplomatico è stato permesso di “entrare liberamente nella residenza”. Ancora più duro ed ideologico è stato l’attacco a Madrid da parte dell’ambasciatore boliviano presso l’Osa, Jaime Aparicio, che ha definito “gli atti di inimicizia del governo spagnolo contro il popolo boliviano” il “primo segno” della futura coalizione di sinistra dei socialisti con Podemos.  Dal ministero spagnolo, si ribadisce però che quella della sua diplomatica era “una visita esclusivamente di cortesia”. Ma si annuncia, comunque, che Margarita Robles, ministra per la Difesa, che ha l’interim agli Esteri, riferirà in Parlamento sulla vicenda