Attentato a Istanbul, arrestati 568 curdi per presunti legami col Pkk

Nuovo giro di vite in Turchia dopo l’attentato di Istanbul nel quale sono morte 44 persone. In 48 ore sono stati arrestati almeno 568 curdi sospettati di legami con il Pkk, comprese altre 2 deputate del partito Hdp.

Dopo la rivendicazione degli estremisti del Tak, la reazione promessa dal presidente Recep Tayyip Erdogan si è scatenata contro i presunti fiancheggiatori dei “terroristi”. Tra ieri e oggi, blitz a tappeto sono stati effettuati in 28 province. A farne le spese, è soprattutto l’opposizione politica curda.

Tra lunedì e martedì, davanti alla sede dell’Hdp ad Ankara, erano state arrestate altre 2 parlamentari, la vice-capogruppo Caglar Demirel e Besime Konca. Quest’ultima, brevemente rilasciata nel pomeriggio, è stata poi nuovamente detenuta. La stessa sorte, temono i curdi, potrebbe toccare presto ad almeno altri 5 deputati, anche loro destinatari di un mandato di comparizione forzata in un processo su presunti legami con il Pkk. “La capacità del nostro partito di partecipare al processo parlamentare sarebbe minata”, avvisano. Da oltre un mese, erano già in carcere 10 parlamentari, tra cui i leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Prima delle ultime retate, l’Hdp calcolava in almeno 2.345 i suoi militanti arrestati dal fallito golpe del 15 luglio. Tra questi, anche più di 50 sindaci. “Il posto dei deputati non è una prigione, ma il Parlamento”, ha ribadito oggi Pervin Buldan, tra le figure di maggior spicco del partito ancora a piede libero.

La forza che più di tutte si era opposta a Erdogan ne esce decapitata, anche in vista della cruciale campagna referendaria di primavera sul presidenzialismo, fortemente voluto dal capo dello Stato. Almeno 9 persone sono inoltre finite in manette con l’accusa di propaganda terroristica, dopo aver condiviso sui social network dei presunti messaggi celebrativi dell’attacco di Istanbul. In queste ore, le autorità invitano a denunciare qualsiasi post sospetto. La guerra ai curdi resta intensa anche sul piano militare. Ieri pomeriggio, l’aviazione di Ankara ha bombardato di nuovo il Pkk in nord Iraq, distruggendo almeno 12 postazioni, tra cui rifugi e depositi di armi. Nel mirino è finita la regione di Zap, già colpita da raid aerei poche ore prima. Un’escalation su tutti i fronti, che il governo turco ha promesso di portare avanti “a qualsiasi costo”.