Scoperta la Selinunte del VII secolo a.C.

Presto conosceremo il volto della Selinunte di 2700 anni fa. E ciò sarà possibile grazie ad un'attenta analisi del sottosuolo e dagli studi effettuati dai geomorfologi dell'Università di Camerino che, con l'aiuto di una termo-camera, sono riusciti a ritrovare gli ambienti dell'antica città siciliana del VII secolo a.C., ovvero l'epoca della sua fondazione da parte dei greci. 

Una scoperta “molto forte”

Gilberto Pambianchi, presidente dei Geomorfologi Italiani, professore di Geomorfologia e Geografia Fisica dell’Università di Camerino e coordinatore del progetto scientifico di ricerca sul Parco Archeologico di Selinunte in Sicilia, annuncia: “Le indagini geofisiche svolte e da svolgere nei prossimi mesi stanno per rivelarci un ambiente che ad occhio nudo non si vede e che invece è nascosto sotto il suolo. A gennaio presenteremo per la prima volta alla stampa di tutto il mondo i risultati del progetto di ricerca portato avanti dall’Università di Camerino, dalla soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani e dal Parco Archeologico di Selinunte”. E aggiunge: “E’ una scoperta molto forte, ottenuta grazie alla comunità geomorfologica italiana. Siamo riusciti anche a ricostruire in 3D la situazione paleo-ambientale esistente durante le colonizzazioni storiche. A gennaio ne mostreremo le immagini ed i risultati. A breve inizieremo anche i sondaggi“.

Un'antica Pompei

“E’ come se si scoprisse una Pompei antica antecedente a quella che oggi vediamo e che possiamo visitare – prosegue Pambianchi – perché a Selinunte siamo riusciti a filmare con la termo-camera in sostanza gli ambienti naturali dei primi insediamenti, dunque una realtà non ancora venuta alla luce, ma che è sotto. Siamo riusciti anche a definire lo stato delle pericolosità idrogeologiche e sismiche insistenti su tale territorio e che potrebbero gravemente colpire l’eccezionale patrimonio monumentale esistente. In questo modo, grazie a tale studio, non solo abbiamo visto gli ambienti sottostanti, ma abbiamo potuto valutare il livello di rischio geologico in modo tale da poterlo prevenire ed aumentare la sicurezza di questo patrimonio culturale siciliano e non solo. Tutto questo attraverso dettagliati studi di geomorfologia ambientale e idrogeologia“.

Nuovi esami geognostici

Come riporta l'Adnkronos, gli esiti scientifici del primo anno di ricerca inducono Unicam e Selinunte ad approfondire in modo sistematico lo stato conoscitivo di dettaglio dello scenario storico e ambientale dell’area. Gli studi, dunque dureranno altri due anni. “A breve – afferma Pambianchi – eseguiremo una serie di mirati e programmati sondaggi geognostici, strategicamente ubicati nell’area del Parco e fondamentali alla taratura geoarcheologica, stratigrafica, cronologica e paleo-ambientale del sito. Effettueremo dunque sul territorio dei sondaggi litostratigrafici con una larghezza del foro di circa 10 cm ed una profondità variabile dai 5 ai 30 metri”. Grazie a questi studi sarà possibile, ad esempio, conoscere quale era il clima all’epoca delle colonizzazioni storiche, quale era l’ambiente e quali le piante, e cosa mangiavano i primi abitanti di Selinunte. Al termine delle operazioni di cantiere, su ogni 'punto di sondaggio' verrà installata una stele esplicativa che descriverà al visitatore le caratteristiche stratigrafiche, archeologiche ed ambientali rinvenute.

La città di Selinunte

“Selinunte fu fondata nella seconda metà del VII secolo a.C. da coloni greci provenienti da Megara Hyblaea, una delle prime colonie greche di Sicilia – ricorda Enrico Caruso, direttore del Parco Archeologico e soprintendente ad Interim – situata a pochi chilometri da Siracusa; in breve tempo Selinunte raggiunse uno straordinario sviluppo, tale da diventare la più importante Megalopoli della Sicilia Occidentale. La città fu distrutta una prima volta nel 409 a.C. dai Cartaginesi, quindi una seconda volta dai Romani nel 250 a.C.; nonostante ciò continuò ad essere abitata fino al XIII secolo circa, quando il progressivo abbandono la celò sotto una spessa coltre di sedimenti sabbiosi di natura eolica e sotto la fitta vegetazione costiera, per essere nel 1551 riscoperta da un monaco domenicano di Sciacca, Tommaso Fazello, che iniziò a cercarla seguendo le indicazioni dello storico Diodoro Siculo“.