LE OPERE “BIDIMENSIONALI” DI BURRI AL GUGGENHEIM DI NEW YORK

Arte

Alberto Burri – il noto pittore di quadri “bidimensionali” – va alla conquista degli Stati Uniti con una grande retrospettiva, allestita dal 9 ottobre al Guggenheim Museum di New York per celebrare il centenario della nascita dell’artista umbro. Intanto, a Città di Castello, dove l’ex medico nacque il 12 marzo 1915, il 26 e 27 giugno si svolgerà un convegno-mostra internazionale che riunirà a Palazzo Albizzini (sede della Fondazione Burri) direttori di musei e istituzioni, nonché numerosi artisti, le cui opere ispirate al padre dell’Informale – un’importante corrente artistica del dopoguerra – saranno esposte a Palazzo Vitelli a Sant’Egidio.

La rassegna newyorkese, intitolata ‘Alberto Burri: The Trauma of Painting’ vuol essere la più ampia e documentata mai realizzata negli Usa, con oltre cento capolavori selezionati per testimoniare la valenza innovativa del maestro, protagonista indiscusso della scena artistica del secondo dopoguerra. L’opera di Burri ha infatti sconvolto la produzione artistica mondiale in virtù di un rivoluzionario uso della materia: pigmenti singolari, materiali umili, elementi prefabbricati… si mescolano o vengono modellati per “uscire” dal quadro dando un senso di prospettiva e bidimensionalità assolutamente unico. Famosissime le sue serie di “sacchi” di juta strappati e rammendati – che lo resero celebre al mondo nei primi anni ’50 – o di materiali cuciti, bruciati, lacerati. L’artista infatti ricorreva raramente alla pittura vera e propria, prediligendo la lavorazione di superfici solide – carta, legno, tessuto, plastica, metallo – divenendo così l’anello di transizione tra collage e assemblaggio. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2016.