LA TRASFIGURAZIONE DI RAFFAELLO, QUANDO ARTE E FEDE SI INCONTRANO

E’ stato Giovanni Paolo II, a inserire i Misteri della Luce nella preghiera del Rosario. L’arte sacra è una forma di preghiera, un fedele può contemplare la vita del Signore anche attraverso un dipinto, o una scultura. Penso che l’opera di Raffaello, raffigurante l’episodio evangelico al quale corrisponde il 4°mistero della luce, sia molto suggestiva. La Trasfigurazione è una profezia della Resurrezione, dell’Ascensione e della seconda venuta del Signore tra le nubi.

Essa è il mistero della luce per antonomasia, si tratta di una teofania, cioè l’irruzione del divino nella storia umana. Dio interviene attraverso la sua voce che ribadisce la divinità del Figlio. La scena è divisa in due parti: sopra il protagonista cioè Cristo, sotto la “liberazione del giovane indemoniato”. Nella parte superiore regnano l’ordine e la simmetria, si nota una disposizione delle figure in sequenza gerarchica.

Gesù è accompagnato da Elia e Mosè, un incontro simbolico per affermare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento, a destra è raffigurato Elia simbolo di devozione, invece Mosè rappresenta la Legge e la speranza veterotestamentaria. Il Cristo trasfigurato, ha entrambi gli aspetti: umani e divini.

Raffaello traduce in pittura il passo evangelico, Cristo sollevato da terra, circondato da un alone luminoso quasi formato da luce, un viso umano, in cui mancano la consistenza del volume e la precisione della linea di contorno quasi smaterializzato. Gli Apostoli sono a terra, tra il sonno e la prostrazione. Il Signore è il nuovo sole, illumina i Profeti, gli Apostoli e i santi Giusto e Pastore, inginocchiati a sinistra in qualità d’intermediari tra noi e Gesù.

Questi ultimi sono i due protettori della Cattedrale di Nordibanne (Francia) a cui era destinata la pala d’altare, di fatto mai giunta, perché alla morte di Raffaello l’opera fu collocata sopra la tomba dell’artista, ma in un secondo tempo per vie traverse fu trasferita presso il Vaticano. S. Giovanni vestito di rosso, simboleggia l’Apostolo dell’amore. S. Pietro, ha un abito blu e giallo, occupa il centro del dipinto e vede sopra di sé il Signore che alza le braccia verso il Padre; l’Apostolo intercede tra le figure della zona inferiore che cercano la grazia. S. Giacomo indossa un vestito verde ed è inginocchiato.

Nella zona inferiore a destra tutto pare contrarsi, le figure sono muscolose e seminude, i panneggi aderiscono ai corpi, il cromatismo è freddo. Il ragazzo sofferente sta con le braccia protese sembra lacerato in ogni direzione. L’Apostolo seduto forse è Matteo, vestito anch’egli di giallo e blu, sotto di lui l’acqua del battesimo che zampilla da una roccia.

Durante il travagliato periodo della Riforma protestante, per la Chiesa cattolica ribadire il tema della grazia era di vitale importanza, essa affidava parte di tale compito proprio agli artisti dell’epoca. Per cui Raffaello aveva dovuto meditare molto come concepire la sua opera, per risolvere il problema di come realizzare un’immagine, che rivelasse l’essenza spirituale di Cristo e della sua presenza sulla terra.

Quest’opera è la testimonianza della sublime spiritualità raggiunta dal pensiero cattolico, nel Rinascimento e fonte di rinnovamento ai tempi della Controriforma. L’artista ha realizzato quest’opera in una fase matura della carriera infatti, è l’ultima grande pala d’altare prima della sua morte, è una sintesi dell’arte di Raffaello, l’eredità che ha lasciato ai posteri.