Daniela Poggi: “La mia Emily Dickinson come un petalo di rosa”

Non è semplice attraversare il mondo di un poeta senza uscirne contagiati, sorpresi, persino feriti ma non da una ferita dolorosa. Specchiarsi nell'anima di chi scrive è qualcosa che segna dentro, permette quasi di sentirsi parte del suo universo di fantasia, fatto di parole, musica e colori, magari sfumati ma dotati di un fascino irresistibile. In Emily Dickinson c'è la forza della penna e dell'inchiostro, l'essenza e la forza della donna, l'inquietudine e la lucidità propria di chi sa guardare oltre il proprio tempo. Per questo è quasi impossibile dire di conoscerla a fondo: la si può incontrare poco a poco, “un petalo per volta”, accorgendosi che il giardino di rose che disegnano la sua vita è troppo grande per essere compreso nella sua pienezza ma non per essere ammirato. Ed è proprio uno di quei petali che Daniela Poggi porta in scena nello spettacolo Emily Dickinson – Vertigine in altezza, scritto da Valeria Moretti e pensato per esplorare parte di quel mondo, delicato e inquieto, della grande poetessa americana: “Il mondo che si riesce a trovare dentro le sue poesie varia da stato d’animo a stato d’animo, da orecchio a orecchio”

 

Daniela Poggi, una scelta importante quella di portare Emily Dickinson su un palcoscenico teatrale. C’è un mondo di tale intimità nel suo lavoro, sviluppato in quelle mura domestiche dove scelse di “recludersi, da rendere estremamente affascinante l’idea di riuscire a darle voce lasciandola libera di uscire attraverso alcune delle sue tante sfumature… Com’è nata questa idea?
“Credo si possa darle voce solo in questo senso, altrimenti diventerebbe un recital di poesie. Dietro la poesia c’è una mano, una matita, una persona, un pensiero, un’anima, un vissuto, un cuore che pulsa… Nelle poesie di Emily c’è tutto il suo mondo che noi possiamo percepire chiaramente. Lei ha vissuto cinquantasei anni, di cui i primi trenta trascorsi in modo più o meno normale… Solo negli ultimi venti si è volontariamente reclusa, perché non accettava più quel mondo, quella società. Lei si è sempre sentita fuori posto, una diversa all’interno di quell’epoca, di quella società e forse anche della sua famiglia. Quello che lei provava dentro, quel fuoco interiore, quella capacità di viaggiare solo attraverso la conoscenza dei libri le dava una forza tale da non consentirle di potersi relazionare normalmente con le persone: lei era oltre, aveva già capito quello che l’essere umano avrebbe percepito solo nell’arco di tanti anni. Ci sono tanti scritti su di lei, io ne ho letti alcuni e, soprattutto, la sceneggiatrice Valeria Moretti ha sempre avuto Emily una sorta di passione-ossessione, perché la riteneva una vertigine in altezza, irraggiungibile, impossibile andarne a toccare anche solo un petalo della sua vita e del suo pensiero. Io sono rimasta affascinata da lei negli ultimi quindici anni, ho iniziato a viverla attraverso le sue poesie in occasione di un recital di poetesse, per il quale scelsi Emily Dickinson. Nel momento in cui mi sono incontrata con lei non l’ho più lasciata. Il mondo che si riesce a trovare dentro le sue poesie varia da stato d’animo a stato d’animo, da orecchio a orecchio: ogni sua poesia può essere accolta da una persona e rifiutata da un’altra. E, magari, leggendola in momenti diversi della propria vita regala emozioni completamente diverse”.

Abbiamo avuto grandi scrittrici in Italia, eppure sembra quasi che in Emily Dickinson l’universo femminile riesca a vedere molto di sé, come se in lei si riuscisse a cogliere la vera essenza della donna di oggi…
“Sicuramente della donna che voleva andare fuori dalle regole, che aveva un pensiero autonomo, una sua indipendenza mentale. Lei non ci stava a essere segregata dietro i fornelli, essere solo moglie e madre… Aveva un’identità ben precisa e voleva assolutamente assumerla davanti agli altri. Era una ragazzina ribelle, spigolosa, scontrosa ma particolarmente intelligente ma non nel senso di una persona estremamente colta… Possedeva  un’intelligenza dell’anima, con la capacità di andare oltre quello che vedeva. E ciò che vedeva, faceva scaturire in lei immagini sensazioni ed emozioni che le regalavano un mondo che non poteva essere circoscritto a quel pensiero puritano, modesto e, secondo lei, banale”.

Quanto è difficile riuscire a trasmettere attraverso il teatro un universo così intimo come quello della poesia?
“Il teatro permette di andare ad approfondire caratteristiche di altre vite e altri esseri umani, e anche di scandagliare dentro di te le cose in cui ti senti più simile e affine al personaggio. Si tratta dello spazio ideale per far affiorare sul pelo dell’acqua vite che agli altri potrebbero essere sconosciute per sempre, perché è un lavoro minuzioso in cui ogni parola ha un significato, così come ogni stato d’animo. È sicuramente un percorso faticoso ma straordinariamente emozionante”.

Nel portarla in scena ha avuto modo di scoprire una Emily nuova rispetto a quella conosciuta attraverso i testi?
“Da due anni desideravo portarla in scena, e non era facile oggi come oggi. Perché il teatro italiano vuole commedie, teste brillanti ed è complicato portare un personaggio così particolare e per certi versi sconosciuto agli occhi di tanti. Le sue poesie non erano capite dalla maggior parte della gente per tantissimi anni e anche il suo nome non è così conosciuto da tutti. Era quindi un progetto che volevo da tanto, avevo capito che l’autrice doveva essere una donna e che l’unica che avrebbe potuto portare in scena un testo su Emily Dickinson era Valeria Moretti. Insieme abbiamo letto e scandagliato molti testi. Io non porto in scena la totalità di Emily ma cerchiamo di regalare un profumo, una sensazione di quello che lei può essere. Mi piace pensare di portare in scena un petalo delle sue tante rose che sono state la sua vita. Quella che io porto in scena è solo una frazione infinitesimale dell’esistenza di Emily che abbiamo pensato che potesse essere così attraverso le tante biografie, i suoi scritti e le sue poesie. Ognuno le darà il suo cuore, la sua anima e il suo percorso. Intanto perché è un poeta, e vivere il suo mondo è completamente diverso da quello di chiunque altro: secondo me è impossibile definire Emily e chiuderla dentro una scatola biografica”.


Daniela Poggi interpreta Emily Dickinson – Foto © Filippo Manzini