Barbara Alberti: “Vi racconto il mio San Francesco”

Ègrata alla rigida educazione cattolica impartitale dalla nonna, Barbara Alberti, perché “ha potuto, così, riempire l'immaginario di mitologia”. La vita della scrittrice e sceneggiatrice nasce nei meandri dell'Umbria, a Umbertide, un pugno di casupole e una torre bigia, simile alla città infernale di Dite. Nel luogo natìo rimane 15 anni, poi la volta di Roma, che odia a prima vista: vi si laureerà in filosofia e l'adotterà come nido, scomodo e allo stesso tempo accogliente, del suo pensiero sempre troppo alto per esser compreso. L'analisi di Barbara Alberti sul mondo è simile agli scorci “a nido d'uccello” impressi sul Codice Atlantico vinciano. Il Sessantotto, che sancisce il suo passaggio all'età adulta, i sogni coltivati nell'utopia dei valori, sovente traditi: tutto questo è da lei visto – e vissuto – con la solennità della tragedia. Ma come nelle tragedie greche l'atto finale è sempre una commedia, in questi anni l'autrice ha imparato a ridere di sé stessa, della malattia e della vita che rinasce con la stessa, con la mistica ironia che ha ritrovato in San Francesco un'estate “indimenticabile”. Il suo poverello di Assisi è un “pazzo di Dio”, dalla prima all'ultima riga del libro Francesco e Chiara, edito per le Edizioni Dehoniane Bologna. “Non si può essere religiosi senza i poeti, perché la religione in sé è poesia” dice la scrittrice, e la vita di Francesco letta con i suoi occhi è una giostra di poesia che  gira con un no-sense mistico: il Santo della Alberti non è quello dei prodigi o della passione, no. Per tutto questo c'è un filone letterario immenso, ci sono le Fonti Francescane. Tra le pagine del libro, invece, ci imbattiamo in un uomo non compreso dal mondo, finanche dai suoi frati, in bilico tra una santità agognata e l'inquietudine del suo presente. Con la sua presenza, San Francesco ha rivoluzionato il mondo, ma per lui la vita fu lotta e sacrificio con tutti, dal padre ai frati che in cuor loro speravano morisse in Terra Santa per dare lustro – mondano – a un ordine nato dal nulla per infiammare tutto. Ci voleva un occhio distaccato come quello dell'intellettuale italiana per ritrarre l'uomo santo, che con la sua sola presenza sconvolse i cuori di chi lo ascoltava.

Barbara, ha definito il suo ultimo libro Francesco e Chiara “una delle più belle esperienze mai fatte. Com'è nato questo progetto?
“Un giorno sono arrivati Lucetta Saraffia e Giovanni Maria Vian – ex direttore de L'Osservatore Romano [nrd] – e mi hanno chiesto se volevo fare a puntate sul quotidiano vaticano la storia di San Francesco. Ho accettato questa loro 'folle ispirazione' di corsa, perché non mi sarebbe mai più capitata un'occasione del genere”.

Com'è stato misurarsi con un santo così popolare?
“Beh, io sono un'ex credente, cioè ho avuto un'educazione cattolica, ma già a otto anni ho avuto un rifiuto: tutto era peccato, persino ridere. Mi dicevo: 'perché ci ha creato Dio, se poi ci deve castigare per i doni che ci ha dato?'. Ero molto turbata da questa cosa. Poi sono andata ad Assisi, che è a 40 km dal mio paese di nascita, ed è stato come andare dalla Terra alla luna”.

Perché?
“Lì ho scoperto San Francesco, i frati francescani e mi si è aperto un mondo. Sono rimasta molto affascinata dal luogo. Ricordo le Piccole Sorelle di Charles Foucauld vestite da contadinelle francesi. Mi è accaduto come per San Francesco, perché anche lui prima è uno spadaccino arrogante e poi scopre Dio. Per me è stata una scoperta, perché in San Francesco ho visto il sorriso di Dio. Quindi è cambiato tutto, sono rimasta felice. Ugualmente ho perso la fede, ma è iniziata la mia vita religiosa”

Quindi crede o non crede in Dio?
“Non credo in Dio, ma ho un fortissimo senso del divino. Quindi sono non credente e libera di esserlo”.

Ci parli di San Francesco, allora…
“Parlando di Francesco si deve parlare della parola più rivoluzionaria che sia mai stata detta, che è quella dei Vangeli, che poi prestissimo diventa una delle associazioni più ricche e bellicose che esistano. Se pensi che in nome di Gesù si è ucciso, è terrificante, ma poi nel XIIIesimo secolo arriva un omino brutto, ex dandy, che andava in guerra per pavoneggiarsi con la sua armatura come San Francesco e ha questa intuizione di riportare la parola straordinaria di Gesù”.

L'ha colpita la vita di San Francesco?
“Le storie di San Francesco sono di una giocosità meravigliosa. Lui è anche un uomo aspro, se tu leggi nei fioretti la scena della perfetta letizia è la scena di un invasato. La perfetta letizia è l'elenco delle cose che vengono considerate eccellenti per la religione cristiana…E lui nel vento va urlando come un pazzo. Beh, è un paradosso, una grande postilla al Vangelo scritta e messa in pratica da un uomo”.

Oggi nella Chiesa si parla di “ecologia integrale” come metodo da adottare nella cura del creato. Secondo te, la Chiesa sta prendendo la strada giusta, pur con tutte le sue difficoltà?
“Già che un Papa venisse col nome di Francesco per la prima volta nella storia è un segno importantissimo. Questo Papa sorride e credo sia una bellissima novità mistica. Gesù è Figlio di Dio, Francesco è figlio dell'uomo e quindi sa che, se l'uomo non sorride di sé, è perduto”.

È questo che l'ha anche colpita di San Francesco?
“Sì, il sorriso e l'umiltà, cioè il fatto, per esempio, che l'elemosina debba esser fatta con grazia, garbo e letizia. Lui diceva 'Sono un pazzo di Dio'. Ho subito pensato che era un poeta immenso e poi uno così con un saio che ha il coraggio di mettersi lì a dire: 'Forse dovremmo avere il coraggio di tornare a Gesù'… È una cosa bellissima. Le Fonti Francescane sono un grande miracolo. Ho passato l'estate più bella della mia vita immersa in questa scrittura, sono stati due mesi indimenticabili. Penso che la bellezza delle religioni stia nei testi che esse producono… Traspare in esse l'idea dell'immortalità, verso la quale mi inchino. E poi… le risate che si fanno i frati e la tenerezza di questo umorismo che li pervade tutti. È una grande cosa che, una volta ogni mille anni, qualcuno si ricordi di Gesù e lo faccia col sorriso”.

Il suo libro si chiama Francesco e Chiara…le due storie s'intrecciano…
“Altro che '68. Tu immagina che cosa poteva essere questo signore figlio di un ricco mercante che, a un certo punto, si spoglia nudo e vuole vivere secondo il Vangelo. Tutti i suoi compagni sono figli di ricchi, e decidono di mettersi un saio di sacco, vanno scalzi nella neve, rifiutando la ricchezza dei padri, rifiutando la guerra. È stata una rivoluzione immensa… La religione non è un numero, ma la potenza dei valori che tu porta. Pensa a Chiara, una ragazzina di 16 anni di allora, pensa a lei che va da Francesco e lo colpisce, perché lui non aveva pensato di estendere il francescanesimo alle donne”.

Perché Chiara sorprende Francesco?
“Quando lei arriva, lì per lì Francesco capisce male: 'Vuoi fondare un ordine?' le domanda. E lei risponde: 'no, no, io voglio fare come voi, io voglio andare poverissima in tutto il mondo a portare la parola di Gesù, voglio lavorare voglio fare una comunità di sorelle dove non ci sono le serventi e le servite'. Ancora adesso le donne fanno le serve, non sono ritenute all'altezza del sacerdozio e il loro ruolo è subalterno. Chiara, già nel Duecento, immagina una comunità di donne dove si è alla pari. Francesco rimane inizialmente sconcertato da questa idea, poi capisce che è una grande idea. Chiara si scontra con il padre, che non riesce a trattenerla, così come tante che la seguono. Pensa che rivoluzione hanno fatto per sempre questi ragazzi. Con una grande utopia, certo. D'altronde, anche Gesù è una grande utopista…quando dice “ama il tuo nemico”, è veramente difficile metterlo in pratica. A me affascina molto il Vangelo perché è impraticabile, perché è un assurdo che rovescia completamente le condizioni dell'uomo. E che questo sia stato pensato e testimoniato da Gesù e, mille anni dopo, da San Francesco, è qualcosa di prodigioso…C'è un invito al liberarsi dal fardello umano. Secondo me, chi riuscisse a vivere così, anche se non è credente, è un santo”.

Che insegnamento può dare Francesco a noi di oggi?
“A noi tutti, però, non solo alla Chiesa! Viviamo nel mondo più antifrancescano che si possa immaginare. Anch'io sono una consumista. Noi abbiamo sprecato il nostro pianeta e abbiamo sprecato la vita. C'è questa pulsione suicida ineluttabile. Secondo me, l'inno di Greta dovrebbe essere Il Cantico delle Creature: basterebbe che i capi del Mondo lo leggessero e già sarebbe una grande indicazione su come vivere. Mi fa ridere quando mi chiedono 'Cosa pensi di Greta'. Ma perché? È un’opinione? Lei sta dicendo 'La nostra casa brucia' e in Italia, per esempio, è stata accolta su com’è pettinata male. È chiaro che siamo condannati e c'è lo meiritiamo. Ma tutto il mistero bello del nostro pianeta è nel Cantico delle Creature: basterebbe rileggerlo per capire il nostro posto nel mondo e la gratitudine enorme per questo luogo che ci è stato dato. Prendi la Terra vista dalla Luna: si rimane sbalorditi dalla sua bellezza…è l’unico verde, l'unico azzurro, cioè con le acque, con gli alberi… Il pianeta ci sta espellendo, ma continuerà gloriosamente a rimettersi dal passaggio del’uomo”.

Se dovesse scegliere un erede di San Francesco oggi,  chi sarebbe?
È molto difficile trovarlo, perché siamo una specie suicida, che pensa a farsi guerra invece che vivere in pace con gli altri e con il pianeta. Adesso basterebbe un bottone per farci morire tutti: io credo che Trump, per esempio, un uomo anziano, che sa che deve morire, voglia morire con noi, come Sardanapalo o i grandi satrapi. Stiamo pianificando il nostro suicidio. Noi commentiamo i social, adesso c'è una frenesia dell'idiozia, che è la morte dello spirito…magari ci fosse un San Francesco, vorrei conoscerlo. Se ci fosse un San Francesco oggi…penso alla guerrigliere curde, a tutte queste ragazze stupende che combattono per un ideale. Mi viene in mente l'ex presidente uruguaiano, José Mujica, lui potrebe avvicinarsi. Ma San Francesco, comunque, oggi non lo conosceremmo, perché non interesserebbe né ai social ai giornali. Oggi, purtroppo, diventi popolare se fai del male”.