Pakistan, condannata a morte Asia Bibi

L’Alta corte di Lahore ha confermato in appello la condanna a morte di Asia Bibi, la ragazza cristiana pakistana condannata a morte nel 2010 e in carcere da oltre cinque anni con accuse di blasfemia. La donna pakistana, di fede cattolica, ha un marito e cinque figli. Il 14 giugno del 2009, giorno in cui è cominciato tutto, lavorava nei campi. Era andata a prendere dell’acqua da un pozzo per ristorarsi e poi l’ha offerta alle donne musulmane che lavoravano con lei, ma loro le hanno risposto accusandola di avere infettato la fonte. Perché lei, in quanto cristiana, è un’infedele. Asia Bibi ha respinto quell’appellativo e si è rifiutata di convertirsi all’islam, spiegando quanto fosse grande tutto quello che Dio aveva fatto per lei nella vita. Di conseguenza, le donne l’hanno accusata di blasfemia per insulti al profeta Maometto. Solo cinque giorni dopo, il 19 giugno, il mullah musulmano Qari Muhammad Sallam ha formalizzato l’accusa davanti alla polizia.

Nell’udienza davanti al collegio presieduto dal giudice Anwar ul Haq, la difesa ha presentato le sue argomentazioni scritte che smontavano l’impianto accusatorio, smascherando testimoni poco credibili e l’evidente costruzione di false accuse. “Il giudice ha ritenuto valide le accuse delle due donne musulmane (due sorelle) che hanno testimoniato sulla presunta blasfemia commessa da Asia. Sono quelle con cui la donna aveva avuto l’alterco e da cui è nato il caso”, ha spiegato Shakir, tradendo molta amarezza e delusione. “La giustizia è sempre più in mano agli estremisti” ha aggiunto, annunciando che, d’accordo con il marito di Asia, si ricorrerà alla Corte Suprema, terzo e ultimo grado di giudizio in Pakistan.