Negati i domiciliari al boss Giovanni Brusca

Il tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta di detenzione domiciliare avanzata dai legali dell'ex capomafia Giovani Brusca, da anni collaboratore di giustizia. Condannato per decine di omicidi e stragi, è stato arrestato a maggio del 1996. Lo scorso 22 marzo Brusca, oggi 62enne, è stato ascoltato in Corte d'Assise a Reggio nel processo denominato “Ndrangheta stragista”. In quell'occasione, Busca ha risposto alle domande del procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, riguardo le sinergie criminali tra la 'Ndrangheta di Reggio e i corleonesi del Brancaccio Palermo inerenti gli attentati ai Carabinieri consumati a Reggio a cavallo tra gli anni '93 e '94 e alla stagione delle Stragi continentali. Interrogato, Brusca ha detto di non avere notizie particolari sull'omicidio di Antonino Scopelliti ma ha sottolineato che per il capo di Cosa nostra “rappresentava un monito per chiunque avesse continuato il suo lavoro in Cassazione”. Scopelliti, infatti, avrebbe dovuto sostenere la pubblica accusa nel maxi processo alla mafia. Il magistrato fu ucciso il 9 agosto 1991, mentre era in vacanza in Calabria, sua terra d'origine, in un agguato mentre guidava la sua auto.

La storia di Brusca

Figlio del famoso boss Bernardo Brusca (1929-2000) Giovanni entrò nella cosca del padre fin da giovanissimo per diventarne ben presto il reggente. Dopo l'arresto del padre avvenuto nel 1985 divenne capo del suo mandamento, quello di San Giuseppe Jato, fiancheggiatore dei corleonesi capeggiati da Totò Riina. In accordo con Bernardo Provenzano prese il comando dei corleonesi dopo l'arresto di Salvatore Riina e Leoluca Bagarella. Soprannominato in lingua siciliana “u verru” (il porco), oppure lo “scannacristiani” per la sua ferocia, è stato condannato per oltre un centinaio di omicidi, tra cui quello tristemente celebre del piccolo Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito Santino Di Matteo) strangolato e sciolto nell'acido a soli 15 anni e l'omicidio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Brusca ricoprì un ruolo fondamentale nella strage di Capaci in quanto fu l'uomo che spinse il tasto del radiocomando a distanza che fece esplodere il tritolo piazzato in un canale di scolo sotto l'autostrada. Fu arrestato il 20 maggio 1996 ad Agrigento, nel quartiere (o contrada) Cannatello in via Papillon al civico 34, dove un fiancheggiatore gli aveva messo a disposizione un villino. Al momento del blitz delle forze dell'ordine, stava guardando il film sulla strage di Capaci.