I bambini, grandi vittime degli adulti

Violenza cieca, insensata, frutto di un vissuto che, in un modo o nell'altro, porta per vie diverse allo stesso medesimo esito: tragedie familiari che, ogni volta, non è solo difficile comprendere ma anche tentare di spiegare in modo quantomeno razionale. Nessuna analisi mediatica, probabilmente, potrà realmente entrare a fondo di un dramma come quello avvenuto a Cisterna di Latina dove un padre di famiglia, Carabiniere in servizio, ha assassinato le sue due figlie dopo aver tentato di uccidere sua moglie, forse consapevole o forse no di non esserci riuscito. Ma come può accadere, con tale drammatica costanza, che l'istinto omicida prenda il posto del raziocinio e del legame affettivo che esiste fra un genitore e i propri figli? “Questa è una vicenda che mi lascia indignata – ha spiegato a In Terris la professoressa Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeuta -. Questo perché credo che sia la cronaca di un'ennesima morte annunciata. Poco si è fatto per tutelare questa donna e le sue figlie, nonostante si sapesse da tempo di come quest'uomo fosse violento e anche di come le sue stesse bambine ne avessero paura, tanto da desiderare di non vederlo”.

Diritti dei bambini

Un tasto, quello che corrisponde alle sensazioni e alle impressioni dei bambini, il quale viene troppo spesso eluso, tenuto in scarsa considerazione nonostante non solo sia umanamente il più importante ma anche regolamentato da una specifica convenzione delle Nazioni Unite: “Le piccole avevano più volte detto di non voler incontrare il padre. Invece, è stata esercitata una certa insistenza nell'organizzare incontri con questa persona e questo in nome di una formula che viene adottata ora della bigenitorialità. E in questo fragente sarò molto polemica: questo discorso ha completamente bypassato l’atteggiamento di attenzione nei confronti dei bambini e delle loro impressioni, dimenticando di come l'articolo 3 della Convenzione Onu dei Diritti de bambini dice chiaramente che gli Stati parti, oltre che le famiglie, devono agire nel superiore interesse dei minori. Ecco, io mi chiedo dove e come sia stato preso in considerazione, in questo caso, l'interesse dei bambini”.

Tutele urgenti

Certamente, la tragedia di Cisterna assume contorni di maggiore gravità nel momento in cui si tiene in considerazione l'appartenenza del padre omicida a un corpo istituito per proteggere e tutelare, quello dei Carabinieri. E, a questo proposito, emerge in modo amaro una considerazione legata non solo al suo ruolo di padre ma anche di militare: “Come è successo – ha spiegato ancora la prof.ssa Parsi – che una persona sicuramente malata di nervi sia rimasta comunque in servizio? Circostanza ancora più grave perché, nonostante l'esposto della moglie, ha avuto comunque la possibilità di avvicinarsi a lei. Nessuno sembrerebbe aver messo in pratica tutele nei confronti suoi e delle sue figlie”. Storie che, in modo orribilmente cadenzato, tornano a ripetersi e che, ogni volta, ripropongono un inquietante quesito sul perché tali invocate tutele siano così spesso latenti: “Questo succede troppe volte per tutte quelle donne che subiscono violenze continue, che non hanno voce, che non sanno come affrontare questo tipo di situazione e che, dopo aver magari fatto una denuncia, sono lasciate in balia degli atteggiamenti persecutori e della rabbia delle persone che hanno allontanato. Mi chiedo quali circostanze abbiano portato, in questa tragedia, a non riuscire ad accorgersi che una persona che prestava servizio come carabiniere fosse in condizioni tali da poter sparare a se stesso, alla moglie e alle due figlie?”.

Al di là delle formule

C'è forse bisogno di una rieducazione al trattamento di casi di violenza domestica? O, più semplicemente, l'urgenza di prestare ascolto in modo più accurato e meticoloso, specie quando a parlare sono i bambini? “Le prime parole del mio ultimo libro, nato dall'esperienza svolta al Comitato dell'Onu per i diritti dei bambini e intitolato 'Il potere distruttivo', vertono su questo punto: 'I bambini hanno diritto alla salute mentale di chi li mette al mondo, li cresce e li educa'. E, in questa affermazione, coinvolgo genitori ed educatori: se i cittadini hanno diritto alla salute mentale di chi li governa, questo è valido a maggior ragione per il microcosmo e macrocosmo familiare. La vessazione feroce, il controllo, il dominio sulle persone all’interno della famiglia, corrisponde alla maniera di governare di leader di stampo dittatoriale, i quali esercitano il potere in contesti in cui l’opposizione non è sopportata, poiché può dire cose diverse e non esiste un costume al rispetto”. Ciò che dovrebbe essere assodato, invece, è proprio il rispetto per le opinioni dei minori: “Se una ragazzina di 12 anni, come la maggiore delle figlie di questa coppia, dice che non vuole vedere suo padre, al di là di ciò che si pensa e delle varie formulette, non si può non considerare che ogni caso è un caso, ogni persona è una persona. Sì, può esserci una regola generale per favorire la bigenitorialità ma, nello specifico, se una ragazza di quell'età dice una cosa simile va rispettata, non ci si mette in condizione di fare il contrario. Qui i bambini non sono stati rispettati, questa donna non ha trovato altra maniera che continuare a lavorare ed essere esposta alla possibilità che il marito la raggiungesse e la uccidesse”.

Rispettare i 'no'

Faccia a faccia con l'ennesima tragedia, consapevoli che una madre dovrà riaffacciarsi a una vita per sempre segnata dal dolore e dal rimorso per ciò che è accaduto alle sue figlie, non resta che chiedrsi se e come sia possibile ricominciare a vivere: “Non so se si può ricominciare dopo una tragedia simile – ha concluso Parsi -, con un senso di colpa così atroce. Certo, si può tentare di ripartire, così come hanno ricominciato i reduci dei campi di concentramento ma in quali condizioni e con che tipo di vita? Inutile dire che ci sarà bisogno di supporto psicologico per questa donna: potrà andare avanti cercando giorno per giorno di sopravvivere”. La gravità di questo come di altri casi, risiede in una sorta di “responsabilità globale che ci riguarda tutti, perché non ci sono centri di accoglienza sufficienti per le donne, non ci sono tutele sufficienti per coloro che denunciano, né per i bambini e per ciò che dicono, da quando sono piccoli e fino all’adolescenza. Eppure, almeno questa, è un'età nella quale dovrebbero poter dire il loro 'no' ed essere rispettati per questo”.