Finge di chiedere aiuto poi violenta a lungo la sua vittima

Una trappola ordita da “un'indole gravemente sopraffattrice“, come la definisce il giudice per le indagini preliminari, in cui attirare una vittima per abusarne. Un uomo di 26 anni di Vittoria, in provincia di Ragusa, nella notte del 2 settembre è corso in strada, urlando di avere bisogno d'aiuto. Una donna, che in quel momento passava con la sua vettura diretta a casa viene avvicinata e fermata. L'uomo in un primo momento le dice che sua moglie sta male e deve cercare soccorso, ma subito dopo si mette alla guida della macchina e per la sua vittima comincia un calvario di violenza lungo ore. Il 26enne, già condannato per una violenza sessuale avvenuta nello stesso modo nel 2018, è stato rintracciato grazie alla testimonianza della giovane donna che era diventata sua preda e ora è in carcere.

Il calvario della donna

Una volta salito in macchina l'uomo ne ha preso il controllo intimorendo la vittima con una grossa pietra. Poi ha guidato fino al cimitero di un paese della zona, lì ha minacciato di morte la donna e la sua famiglia, dopo averle sottratto la borse e letto le sue generalità sui documenti, e l'ha violentata. Dopo l'ha portata su una spiaggia, dove le avrebbe raccontato di aver litigato con la moglie, poi di nuovo nei pressi del cimitero dove ha ripetuto l'abuso. Infine ha obbligato la donna a riaccompagnarlo a casa e l'ha minacciata: “So tutto di te, se parli ammazzo te e la tua famiglia“. Rimasta sola la vittima ha provato a contattare i suoi amici per chiedere aiuto e ha mandato un messaggio vocale in cui raccontava quello che le era capitato. Non avendo ottenuto risposta, si è recata in ospedale e i medici hanno chiamato la polizia. Dopo 12 ore, l'uomo era stato individuato e fermato dagli agenti della Questura di Ragusa. Ora si trova in carcere, sottoposto a misura di custodia cautelare per sequestro di persona, violenza sessuale aggravata e rapina. Durante l'interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere.

I rilievi del giudice

Fondamentale per l'identificazione la testimonianza della vittima, raccolta in un'area protetta. Per il gip Vincenzo Ignoccolo le sue dichiarazioni sono risultate: “Credibili, spontanee, lucide, precise e dettagliate“. Inoltre la donna lo ha riconosciuto e indicato in una serie di foto della polizia perché era già stato condannato in primo grado nel 2018 a quattro anni e otto mesi di reclusione per gli stessi reati. Per quella condanna, il suo legale ha presentato ricorso contro la condanna e avanzato richiesta per gli arresti domiciliari, poi cambiata in obbligo di dimora. Il giudice Ignoccolo ha descritto l'esperienza della vittima come il “completo annientamento della sua libertà di autodeterminazione” e il presunto autore dello stupro “un'indole gravemente sopraffattrice, tendente a sfruttare a proprio vantaggio le debolezze dell'altro sesso”.