Covid-19, un testimone racconta la Spagna infetta

Juan Garcia descrive a interris.it come Madrid si prepara a gestire l'emergenza: esercito in strada e negozi chiusi

Il Coronavirus investe con la sua silenziosa ma letale onda d’urto anche la fantastica penisola iberica. La Spagna ne è duramente colpita, in ventiquattro ore i contagiati sono saliti fino a toccare quasi gli 8000 casi mentre le morti ammontano purtroppo a 300. Una situazione complicata che il governo di Sanchez sta cercando di gestire utilizzando le forze armate e imponendo alla sanità privata di fare la sua parte. I cittadini sono quindi allertati e cominciano ad avere paura. Ad Interris.it, il signor Juan Garcia di Madrid si dice “preoccupato per la situazione di incertezza”.

Signor Juan Giarcia, il Coronavirus ha infettato più di settemila persone in Spagna. Ora, in che clima stanno vivendo gli spagnoli?
“Un clima di preoccupazione. Mentre qualche settimana fa, almeno due, non si dava tanta importanza ad alcune interpretazioni radicali. Non bisogna dimenticare che domenica scorsa il governo aveva autorizzato una concentrazione massiva di persone per festeggiare la festa della donna l’8 marzo, quando già era intervenuta l’Oms esprimendo delle preoccupazioni e delle raccomandazioni. Da qui, il governo è passato direttamente a decretare lo stato di emergenza. La situazione è quella di estrema preoccupazione, soprattutto per il grado di incertezza che esiste.”

Il governo ha deciso di far scendere in strada l’esercito. I cittadini, invece, rimangono a casa?
“Si, i cittadini stanno principalmente in casa anche se non posso dire che siamo serrati. Se non abbiamo i sintomi, possiamo uscire ma solo per andare a lavoro, nel caso in cui non si possa farlo tramite lo smortworking, per andare a fare spesa, per comprare medicine o altre cose indispensabili: per accudire e prendersi cura di un parente anziano che ne ha bisogno o comunque per altre ragioni che sono giustificate come portare il cane fuori. Ma non si può uscire per passeggiare e i bar, i ristoranti, i negozi e i luoghi si svago sono già tutti chiusi. In Più non si può uscire in gruppi e si raccomanda di tenere la distanza di sicurezza”.

Un vero e proprio stato di allerta?
“Si, la situazione attuale secondo la legge spagnola si configura come stato di allerta. Ma l’esercito non pattuglia le strade e non ha funzioni di polizia. Solo la polizia e la guardia civile (l’equivalente dei carabinieri ndr) stanno svolgendo tali azioni. Certo, si mossa la Unità Militare di Emergenza perché questa dispone dell’equipaggiamento medico e della squadra sanitaria composta di medici ed infermieri, con poteri importanti tra cui quello di costruire gli ospedali da campo se è necessario”.

Le scuole e le università sono chiuse, quindi come vi comportante in famiglia con i bambini?
“La situazione dei bambini è un problema. Se per gli adulti tutto questo risulta già esasperante, per i più piccoli è terrificante se si tiene conto soprattutto di quelli compresi nelle fasce di età tra i 6 e i 10 anni. Io non ho figli, però dai racconti dei miei amici capisco che stanno cercando con ogni mezzo di tenerli impegnati con giochi o film. Cercano di farli correre nei patii interni o sul terrazzo”.

Si sono registrate lunghe file nei supermercati?
“Si è registrato qualche caso, ma sembra dipendere dal supermercato e dalla zona. Io, personalmente, non ne ho viste. Nel mio caso, ho dovuto attendere un po’ più del solito per pagare alla cassa ma non ho dovuto attendere fuori. I negozi di alimentari sono ben forniti. Ma una cosa che non comprendo è perché le persone fanno rifornimento di carta igienica”.

I cittadini lavorano tramite lo smartworking?
“Stiamo cercando di farlo nel limite del possibile in base al tipo di lavoro da svolgere. Il problema principale è che non tutte le tipologie di lavoro lo permettono. Molte imprese e istituzioni non possono contare su sistemi di lavoro da remoto per un gran numero di connessioni, in molti casi si è registrato un disagio di rete”.

Il sistema sanitario spagnolo può sopportare l’emergenza?
“Per adesso sembra di si, soprattutto se si riesce a mantenere la calma. Uno dei maggiori pericoli sarà gestire il panico e impedire alla gente di correre dal medico o negli ospedali se non in caso di necessità. Ci sono un numero limitato di letti negli ospedali e di sale rianimazione che per adesso sembrano essere sufficienti ma non sappiamo ancora quando arriverà il picco dei contagi”.