“Per scoprire nuovi farmaci bisogna sostenere la ricerca scientifica”

malattie

Una malattia si definisce “rara” quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. Nell'Unione europea la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10.000 persone.  Interris.it ha intervistato Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione italiana delle malattie rare (Uniamo onlus), ma prima un rapido accenno sul senso dell'odierna Giornata mondiale delle malattie rare.

Equità

Il 29 febbraio 2020, ovvero il giorno più raro dell’anno, si celebra la tredicesima edizione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare. L’obiettivo: aumentare la consapevolezza di tutti su questa importante priorità di sanità pubblica. Le malattie rare ad oggi identificate oscillano sono più di settemila, mentre le persone affette da una malattia rara, che per singola patologia sono poche o pochissime, sono nel complesso oltre 300 milioni in tutto il mondo, circa 2 milioni solo nel nostro Paese, secondo la Rete Orphanet Italia. Quest’anno, la Giornata Mondiale non avrà un tema vero e proprio, ma una “overarching cause”, che caratterizzerà le prossime edizioni, ossia “l’equità” come accesso a “pari opportunità” che possano valorizzare il potenziale delle persone con una malattia rara. Questa bandiera ideale troverà poi, di anno in anno, un obiettivo specifico in cui realizzarsi (Call to action), che nel 2020 sarà “Show your support”, ossia, in italiano, “Mostra il tuo supporto”. Sono 105 i Paesi che a livello mondiale aderiscono alla Giornata, per un totale di 293 eventi. Fino all'11 marzo 2020, Torino. Il Centro Esperto Siringomielia e Sindrome di Chiari (CRESSC) organizza incontri di sensibilizzazione e incontri tra medici e pazienti. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica.

In età pediatrica

Non si parla  di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa. Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica.In base ai dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola. Il 20% delle patologie coinvolge persone in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni). In questa popolazione di pazienti, le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e i disturbi immunitari (20%). Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) o del sangue e degli organi ematopoietici (18%). 

La voce della onlus Uniamo

Presidente Annalisa Scopinaro, qual è la situazione della ricerca sui farmaci per le malattie rare?

“La ricerca a parere dei pazienti non è mai abbastanza. Ad oggi in Italia sono tre le linee di ricerca principali sui farmaci orfani e le malattie rare: la quota Aifa del Fondo 5% (Legge numero 326/2003), rivolta a tutti i ricercatori italiani di istituzioni pubbliche e no profit; iI bando della ricerca finalizzata del Ministero della Salute (Dei 235 progetti e borse di studio finanziati nel 2018 18 progetti (pari al 7,65%) sono riconducibili a malattie rare per un totale finanziato di circa 6,1 milioni di euro dei 93 milioni assegnati; la ricerca indipendente finanziata dalle industrie farmaceutiche”.

Qual è la situzione degli stanziamenti pubblici?

“La legge di Bilancio 2019 ha mantenuto l'incentivo del cosiddetto “pay back” per una serie di farmaci orfani, ma l'ha tolto per altri. Questo ha generato alcune perplessità sul fatto che le aziende possano continuare ad investire su questo settore specifico, stante il venir meno di un incentivo economico che favoriva gli investimenti in questo settore, davvero di nicchia. Non abbiamo ancora i dati del 2019 per poter dire se il venir meno dell’incentivo abbia in qualche modo influito sulle ricerche in corso”.

Quali sono le esigenze maggiormente avvertite da pazienti e famiglie?

“La disponibilità di farmaci e terapie avanzate e innovative in maniera contestuale al loro arrivo in commercio (la cosiddetta  legge dei 100 giorni non viene rispettata, ulteriori ritardi si hanno nell’introduzione nei prontuari regionali). La reale presa in carico sanitaria, ancora molto difficile da ottenere in molte parti d’Italia sia per mancanza di specifiche competenze che per mancanza di informazioni. L’integrazione con la presa in carico sociale, altrettanto importante per una buona qualità di vita delle persone”.

Cosa vi aspettate dal governo?

“Le possibilità di lavoro flessibile, magari da casa con il telelavoro. La formazione di tutti gli operatori sanitari sulle Malattie Rare e sul sospetto diagnostico per i Pediatri e Medici di base. La possibilità di terapie domiciliari tutte le volte che sia possibile. I riconoscimenti di invalidità ed handicap in maniera omogenea a livello nazionale e senza revisioni ulteriori nel corso del tempo. Le diagnosi precoci, necessarie per attuare subito tutte le misure atte a prevenire il peggioramento della qualità di vita. In una parola, di equità l’architrave della Giornata delle Malattie Rare da quest’anno”.

Quante sono in totale e quali sono le più frequenti tra le malattie rare?

“Si stima che le malattie rare siano fra le 7.000 e le 8.000, ma ogni giorno se ne scoprono di nuove, grazie alle nuove tecniche di indagine dell’esoma che riescono velocemente e con molta precisione ad individuare i mutamenti nel Dna. Non dimentichiamoci che l’80% delle patologie rare ha origine genetica. Fra le più numerose sicuramente l’emofilia e la talassemia. Non abbiamo ancora sufficienti dati epidemiologici per poter avere il quadro completo”.

Come si colloca l'Italia nel quadro internazionale della ricerca scientifica sulle malattie rare?

“L’Italia si colloca in ottima posizione, ma con il rischio di perdere qualche colpo derivante da quella che comunemente si chiama “fuga di cervelli”, dalla frammentazione dei fondi per la ricerca e dal venir meno di alcuni incentivi”.

Cosa chiedete alle istituzioni sotto il profilo del sostegno delle persone colpite da malattie rare e dell'incentivo alla ricerca?

“Abbiamo discusso molto su come le istituzioni possano incentivare la ricerca, anche all’interno dei lavori del Piano Nazionale Malattie Rare. Sicuramente l’attribuzione di maggiori fondi potrebbe aiutare; ma anche gli incentivi fiscali potrebbero ottenere un buon risultato senza impiego di risorse aggiuntive. Il coordinamento nazionale, che eviti lo spreco di risorse e finalizzi meglio quelle esistenti, spostando parte della ricerca di base sulle istituzioni pubbliche anche in co-partenariato con quelle private potrebbe essere un ulteriore passo in avanti per un sistema che faccia sempre più rete e sia sempre più interconnesso. Per una ricerca di base occorrono capitali ingenti: frammentare i bandi, mettendo a disposizione poche risorse per ognuno, rischia di vanificare gli sforzi che si fanno”.