Le nuove frontiere della chirurgia robotica

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Mario Guerrieri, Clinica Chirurgica Università Politecnica delle Marche

Con l’espressione chirurgia robotica si indica un tipo di chirurgia effettuata grazie a sofisticate tecnologie, che prevedono l’utilizzo del computer e di un sistema di telemanipolazione in grado di riprodurre, miniaturizzandoli, i movimenti della mano umana all’interno delle cavità corporee, o comunque nel campo operatorio. Il termine robot fu coniato dallo scrittore ceco Karel Capek per indicare, nel romanzo di fantascienza R.U.R., Rossum’s Universal Robots pubblicato nel 1920, degli androidi replicanti progettati per liberare l’uomo dalla schiavitù della fatica fisica e ha avuto un successo universale.

Nell’accezione più frequente si definiscono robotiche le macchine in grado di svolgere in autonomia anche funzioni complesse, che prevedano un’interazione attiva con l’ambiente. L’aggettivo robotico, se pure estremamente diffuso, è pertanto improprio nel caso della chirurgia, lasciando intuire un’autonomia operazionale e decisionale che, almeno al momento, non esiste. Infatti è sempre il chirurgo, anche se a distanza, attraverso il telemanipolatore, a controllare tutti i movimenti degli strumenti che eseguono l’intervento. La necessità dell’utilizzo del computer e della telemanipolazione miniaturizzata nasce dal bisogno di eseguire compiti chirurgici sempre più sofisticati e complessi e dall’intento di ridurre gli effetti collaterali negativi legati al trauma dell’intervento stesso. La crescente consapevolezza che molte delle conseguenze negative di un intervento chirurgico sono legate al trauma tissutale globale ha portato allo sviluppo del concetto di chirurgia laparoscopica e toracoscopica mini-invasiva.

Questa si è sviluppata clinicamente a partire dal 1980, quando il ginecologo tedesco Kurt Semm eseguì la prima, contestatissima, appendicectomia laparoscopica. Da allora la tecnica si è estesa a molti interventi addominali e toracici. La metodica consiste nell’eseguire l’intervento chirurgico con l’aiuto di una telecamera e con particolari strumenti, che vengono introdotti nell’organismo attraverso piccolissimi fori o incisioni. I suoi aspetti positivi, alcuni dei quali ampiamente dimostrati e altri ancora in corso di valutazione, sono molteplici. Le ridotte perdite di sangue, il minor dolore postoperatorio, la precoce ripresa delle funzioni organiche, la diminuzione delle infezioni chirurgiche, la riduzione della degenza ospedaliera e della successiva convalescenza, il precoce recupero lavorativo, la diminuzione delle sindromi aderenziali post-laparotomiche sono alcuni dei vantaggi più evidenti.

La chirurgia robotica, o telemanipolazione computer-assistita, nasce con l’intento di ovviare alle limitazioni della chirurgia laparoscopica. L’interesse per la telechirurgia è iniziato negli anni 1980 nell’ambito degli studi sulla realtà virtuale della NASA (National Aeronautics and Space Administration). All’inizio degli anni 1990 alcuni scienziati della NASA, in collaborazione con ricercatori dello Stanford Research Institute (SRI), hanno messo a punto il dexterous telemanipulator. Questo lavoro è stato poi ripreso dall’Esercito degli Stati Uniti con l’intento di migliorare i soccorsi nei territori di guerra, attraverso l’uso della telepresenza. Alcuni dei professionisti coinvolti in questi studi hanno in seguito dato vita a compagnie private, per utilizzare i principi della chirurgia robotica militare in ambito civile. AESOP e ZEUS sono stati i primi esempi di sistemi chirurgici robotizzati, realizzati dalla Computer Motion di Santa Barbara, in California. Nel 1995 è stata fondata la Intuitive Surgical che ha brevettato lo SRI Green Telepresence Surgery System, poi rinominato sistema da Vinci, che è stato utilizzato per la prima volta in Europa nel 1998 da Alain Carpentier in un intervento di cardiochirurgia. Nel 2000 la FDA (Food and Drug Administration) statunitense ha approvato l’impiego del sistema in chirurgia generale e laparoscopica. Nel corso degli anni successivi sono state dimostrate la fattibilità e la sicurezza delle tecniche robot-assistite in molteplici indicazioni di chirurgia urologica, ginecologica, generale, toracica e in cardiochirurgia.

Nel settembre 2001, Jaques Marescaux ha realizzato per la prima volta un intervento di colecistectomia in telechirurgia transatlantica, segnando di fatto l’inizio di una nuova era. Questa operazione, chiamata Lindbergh in onore del primo transvolatore atlantico, utilizzava il sistema ZEUS; il chirurgo operatore si trovava a New York e il paziente a Strasburgo. Nel 2003 Intuitive Surgical e Computer Motion si sono fuse, dando origine a un’unica compagnia, la Intuitive. Il sistema da Vinci è andato incontro a notevoli modifiche e miglioramenti (quarto braccio, alta definizione, doppia console, nuovi strumenti). I sistemi in attività registrati nel mondo sono più di 1500. In Italia sono 60 i robot istallati e anche se pocchi di essi sono in funzione a pieno regime sono stati eseguiti sino ad ora circa 7000 interventi. L’Italia rappresenta la terza realtà mondiale dopo gli USA e la Francia. Per quello che riguarda la chirurgia addominale la diffusione della robotica è stata più lenta e difficile, per molteplici ragioni: spesso esiste la necessità di lavorare su più quadranti addominali contemporaneamente e ci sono difficoltà nell’esposizione del campo operatorio, a cui si ovvia con cambiamenti posizionali del tavolo operatorio.

Questi fattori aumentano la complessità del settaggio del sistema, in quanto la chirurgia robotica trova le sue applicazioni più convincenti in campi fissi, stretti e profondi. In chirurgia generale, inoltre, alcuni interventi sono facilmente e più economicamente realizzabili in laparoscopia (per es., la colecistectomia), mentre altri sono così difficili che effettuarli con tecnica mini-invasiva costituisce una sfida (per es., le epatectomie e le pancreasectomie). Inoltre la learning curve soprattutto per un chirurgo esperto in laparoscopia e più breve ma per ciò che attiene agli interventi più impegnativi diventa estremamente lunga e ardua ma va comunque perseguita dato che l’obiettivo finale è quello di estendere la mini-invasivita là dove la chirurgia laparoscopia non può arrivare. La conoscenza di entrambe queste tecniche non può mancare dal bagaglio culturale di un chirurgo del terzo millennio e la mancanza di un feed-back tattile, (ad esempio quanto si stringe annodando un filo di sutura), non può e non deve rappresentare un limite, essendo compensata dalla visione. Infatti la presenza dei neuroni specchio, che si attivano sia quando noi compiamo una determinata azione sia quando vediamo quella azione compiuta da un’altra persona, ci indica che nella nostra mente gli oggetti sono legati direttamente al movimento. Cioè nella nostra mente i processi che sottendono alla conoscenza e percezione della realtà, sono fondati più che sulle caratteristiche percettive degli oggetti stessi, sull’esperienza acquisita delle azioni da compiere. Questo trasferito all’uso della chirurgia robotica si traduce nella necessita di una buona conoscenza della chirurgia addominale tradizionale e delle procedure in essa contemplate, prima di approdare a tale nuova tecnica.

Da poco la nostra clinica si è affacciata con lungimiranza e dinamismo a questa nuova metodica e, attualmente si effettuano uno/due interventi di chirurgia addominale robotica la settimana. I campi di applicazione da noi praticati con il sistema robotico Da Vinci contemplano interventi di Resezioni coliche, Resezione anteriore del retto, Amputazioni addomino-perineali sec Miles, Retopessi anteriore robotica, surrenectomie e fundoplicatio sec Nissen. La chirurgia robotica non è più solamente una scommessa del futuro ma una realtà del presente.