Senza partecipazione c’è la dannazione

L'evidente crisi profonda del Movimento 5 Stelle, è la conferma che le formazioni politiche populiste, o quelle che assumono spesso quei comportamenti, hanno vita breve: si sviluppano a dismisura grazie alle promesse mirabolanti ai cittadini, poi nella impossibilità di  compiere ciò che affermano, si esauriscono con la stessa rapidità con cui si sono formate. È accaduto a Berlusconi, a Renzi, ai pentastellati; accadrà anche a Salvini se non dovesse convertirsi a un profilo diverso. Ma sarebbe sbagliato analizzare questi fenomeni prescindendo dalle cause principali che vedono le fortune di questi soggetti politici usurarsi così rapidamente. Se principalmente queste si devono al sovraccarico di promesse, ciò accade anche a ragione di un sistema politico regolato da un sistema elettorale maggioritario spinto, che priva il cittadino della possibilità di scegliersi il proprio rappresentante territoriale. Infatti, i Partiti con il maggioritario hanno negato a ogni posizione culturale di esprimere autonomamente i propri rappresentanti in Parlamento, alimentando la disaffezione al voto e spostando l’asse dalla rappresentanza plurale nei partiti a quella del leader unico, con la conseguente personalizzazione del partito. Essendo svuotato il bacino della partecipazione, il potere condiviso è stato sostituito dal leader singolo che, per riuscire ad avere successo, deve promettere molto; ma senza poter contare, nei momenti di crisi, su quella base di consenso che può esistere solo grazie all'ampio coinvolgimento di più parti. Dunque, in democrazia, senza partecipazione si è “dannati” ad un risultato sempre a somma zero. Ed intanto l’Italia soffre in economia, in moralità, in democrazia.