Le virtù della pacatezza e sobrietà che ci mancano

La scomparsa di Giorgio Squinzi mi ha addolorato sinceramente; da presidente di Confindustria, ho avuto modo di frequentarlo e di lavorare insieme. In molti in queste ore, hanno parlato di lui come ‘patron’ del Sassuolo, come Presidente di Confindustria, come proprietario di Mapei, ma in pochi hanno descritto l’uomo che con il suo stile, portamento, semplicità, discrezione e di poche parole, ha marcato una personalità molto distante dalla generalità degli appartenenti alla classe dirigente italiana. Quello che mi ha colpito di lui appena conosciuto, è stata proprio la sua bonomìa, la pacatezza, l’attenzione alla persona. Nel mondo odierno dei vip, è davvero raro trovare persone dal comportamento di Squinzi: è d’obbligo attirare l’attenzione dei media e perdere la maggior parte del tempo ad interviste, talk show, convegni, e comunque ad ogni evento pubblico, ed assumere spesso comportamenti e linguaggi estremi. Giorgio Squinzi non amava le interviste fine a se stesse, non amava mettersi in mostra con dichiarazioni roboanti; si rendeva disponibile  con i media, solo quando c’erano momenti formali di Confindustria, senza mai forzare i concetti. Nella gestione  dei problemi era sempre scrupoloso, minuzioso, come nei rapporti personali improntati al rispetto ed alla attenzione alle opinioni altrui. Ho sempre pensato che il nostro Paese potrà ritornare nella fase di sviluppo a tutto tondo, solo quando gli approcci alle cose, saranno connotati alla sobrietà e pacatezza rappresentata dalle persone come Squinzi, che di queste virtù è stato un autentico esempio; probabilmente l’ultimo rappresentante.