La buona sfida della verità

La maggior parte delle persone è convinta che globalizzazione e tecnologie digitali abbiano distrutto i posti di lavoro e che, per questa ragione, i giovani non li trovano e gli anziani li perdono. Queste opinioni errate rischiano di esasperare i problemi già difficili da affrontare, perché spingono le persone a diffidare del futuro e al disimpegno. Ma in verità, il tempo che stiamo vivendo pur essendo di eccezionale cambiamento, come nella storia dell’uomo è accaduto innumerevoli volte, la soluzione non potrà essere il ritorno indietro nel tempo, ma affrontare con decisione le nuove sfide davanti a noi. Se dovessimo mummificare il mondo e così interrompere ogni processo di cambiamento pur di non avere nuove sfide, non faremmo altro che depotenziare quella forza istintiva che abbiamo dentro di noi e che Dio ci dona, in grado di muovere la ruota della storia attraverso il desiderio di realizzarci e di scoprire cose nuove. L’uomo infatti non deve perdere la fiducia in se stesso e nella provvidenza rinchiudendosi nella conservazione, ma andando oltre.

È vero che la globalizzazione attraverso l’ingresso di nuovi popoli alla divisione internazionale del lavoro ed alla competizione nel mercato ci possono togliere qualche spazio per costi minori che essi hanno in assenza talvolta di democrazia, welfare, di salari molto bassi. Ma è vero anche che i Paesi già sviluppati hanno il vantaggio competitivo di conoscenze ed esperienze. Dunque, sono i saperi a dover essere accresciuti per migliorare la qualità delle produzioni di servizi e prodotti che così  riuscirebbero a conservare la nostra capacità competitiva. Quindi il nostro benessere dipende dalla istruzione e formazione e non dal mantenimento dello statu quo. Anche le tecnologie digitali dovremmo vederle come una benedizione di Dio, e non come modernità che ci impoverisce. L’economia digitale cambia il modo di lavorare, cambia i ruoli nel lavoro, velocizza le produzioni: seppellisce i vecchi lavori e ne provoca di nuovi; allora il nostro problema è dominarla. Se i governi decidessero programmi straordinari di istruzione e formazione sul digitale, i lavoratori riuscirebbero ad acquisire professionalità in grado di soddisfare la richiesta di nuovi mestieri. Allora la soluzione dei problemi risiede nell’anticiparli attraverso la preparazione, nel ridurre al minimo  tempo, il passaggio dai vecchi lavori ai nuovi. Mi si dirà che, se le cose stanno così, perché i governi, al posto di dare incentivi alle imprese, di cambiare continuamente le leggi promettendo così nuovi occupati, non si dedicano alla istruzione e formazione? Rispondo che non lo fanno perché è faticoso realizzare un programma così impegnativo: per loro è molto più semplice dire e fare altro. Ma quello che urge, è una vera sfida per la verità.