Il voto per l'Europa

Siamo giunti a punto cruciale della campagna elettorale per il rinnovo della delegazione italiana dei deputati al Parlamento d’Europa, ma i temi giornalieri delle attività politiche sono pressoché tutti orientati sui temi nazionali. Si parla del sottosegretario Siri cacciato dal governo nonostante non abbia neanche ricevuto un rinvio a giudizio che almeno renderebbe responsabile il giudice rispetto alle anticipazioni sui ‘media’; si parla di come rilanciare l’alleanza di governo con il sistema ormai collaudato di alleanza governativa ‘di una cosa a te e una cosa a me’, e ogni tanto la discussione scivola, sull’argomento delle alleanze tra sovranisti o tra popolari e socialisti con altri, o alle percentuali gli uni o gli altri potranno raggranellare nella competizione elettorale, per far valere la propria forza sulle vicende nazionali. Insomma ogni affermazione, posizione, attiene al piccolo catino italiano, pur essendo noi dentro un vortice di cambiamenti e quesiti di natura globali.

È questa la piccola Italietta che non sa guardare oltre il proprio uscio di casa, che preferisce discutere di altro anziché affrontare la realtà. Eppure stiamo vivendo un momento decisivo per il futuro del Vecchio continente, dalla cui capacità di essere una potenza nello scacchiere del mondo, dipenderà moltissimo la sorte dell’Italia. Infatti i nostri dati economici sono i peggiori se confrontati con gli altri Paesi industrializzati,mente lo Stato e mal percepito dai cittadini, a ragione di tasse alte e servizi scadenti, e la fiducia delle persone sul futuro oramai ridotta al lumicino. Si parla tanto di riprenderci in mano le nostre sorti di cittadini attraverso il ripristino della sovranità popolare nella democrazia, fortemente compromessa da poteri finanziari globali e dai grandi Stati federali, ma non si comprende che sovranità dovremmo ripristinare in Italia, senza una Unione Europea con un governo eletto dal popolo.

È proprio la permanenza della goffa sovranità dei singoli Stati, i quali non vogliono devolvere alcun potere alla Unione Europea, che distrugge ogni sovranità popolare. C’è un rande equivoco, una contraddizione in termini: chi si dichiara sovranista, si colloca su una posizione di mantenimento dei vecchi staterelli nazionali, che sono la causa principale dello stallo della Unione, condizione penalizzante che ha permesso alle tecnocrazie di gestire un limbo istituzionale, incapace di essere soggetto in grado di competere con poteri finanziari e i più grandi Stati del mondo. Si spera dunque, che in questi pochi giorni che ci separano dalla conclusione della campagna elettorale , il dibattito cambi, in modo che gli elettori possano meglio comprendere le sfide possibili, e che le forze politiche nostrane possano uscire dalla ambiguità in cui si trovano. Il centro sinistra si dichiara a favore dell’Europa, ma sostanzialmente incapaci di denunciare l’attuale insostenibile situazione di stallo; il centrodestra, in prevalenza sembra non interessato ad un nuovo paradigma di progetto Europeo.