Ecco perché l’Italia di Ugo Zatterin ci parla di noi

Il viaggio "a rebours" per scovare nella memoria la colpa da emendare è il filo rosso della narrazione

Italia

Solo la penna di un formidabile osservatore degli usi e costumi nazionali come Ugo Zatterin poteva restituirci l’Italia eterna e immutabile in cui tutto cambia perché nulla cambi. Il libro si intitola “L’apparizione” (Cavallo di Ferro, 234 pagine) ed è un autentico  gioiello di cultura e giornalismo. Un acquerello visionario e profetico del nostro Paese.  La trama, efficacemente riassunta nel risvolto di copertina, è folgorante. Può la Madonna apparire a un socialista smascherato da Mani Pulite, uno che sa contare solo i torti subiti e mai quelli fatti, che lascia andare in carcere un innocente e salvare, per soldi, il colpevole? E del resto, come si chiede lui stesso, “la Madonna non dovrebbe apparire solo alle anime pure”? Corrotto e corroso dal passare degli anni, ateo convinto, sposato con una donna appassionata di astrofisica e più atea di lui, quest’uomo in un’afosa sera d’agosto la Madonna la vede davvero. Ma la Vergine non si limita ad apparirgli e basta, gli chiede di guardarsi indietro e di rimediare a un grande torto. Già, ma quale? Lui ne ha fatti così tanti, è come mettersi a cercare un ago in un pagliaio. Ma lui questa lunga e difficile ricerca la deve fare, la prende come la sua ultima e grande sfida.Italia

L’Italia eterna

Vecchio e colpevole di tanti mali, il protagonista di questo romanzo di Ugo Zatterin fa la sua discesa all’inferno nella vita passata, e diventa ingenuo, proprio lui che questo modo d’essere non lo conosceva affatto. Fugge, cerca di mettersi al riparo, poi si confida con due uomini di chiesa per cercare conforto e non trovarlo, ma va avanti, continua a cercare e comincia proprio dall’inizio per giungere a un punto d’arrivo davvero granguignolesco. Nella cornice della trama si dipana il genio dell’eminente cronista. Iniziata la carriera nel 1944 come cronista all’Avanti!, due anni dopo passò a Il Tempo come inviato speciale e, dal 1946 al 1957, a La Stampa. In seguito lavorò per La Gazzetta del popolo e per il settimanale Oggi. Entrato in Rai nel 1957 come commentatore di politica interna, nel 1961 fu scelto come moderatore nelle prime edizioni di Tribuna politica. Direttore nel 1969 del centro di produzione della RAI di Torino, nel 1980 venne chiamato alla direzione del Tg2, carica che mantenne fino al 1986, quando, lasciata la Rai, fondò e diresse il quotidiano regionale dell’Abruzzo Il Centro (1986-88). Dal 1991 al 1995 direttore de L’Eco di Biella, ha scritto vari saggi. Rivolta a Sciangai (1952); A tutto campo (1987); Al Viminale con il morto (1997).Italia

Flash

Quadretti luminosi di uno scrittore di straordinario talento. Ecco alcuni flash. “Avevo incominciato a fare l’avvocato subito dopo la liberazione di Roma. Mi prese sotto la sua ala di falco un noto penalista ebreo, estromesso dalla professione nel ’38 con le leggi razziali, ma rimasto attivo grazie ad alcune teste di turco scaltre e ariane. Alla condizione di dividere le proprie parcelle con un gerarca amico di lunga data, che da un ufficio al ministero dell’Interno si prodigava per difendere la razza italica. E quindi infieriva sui giudei poveri e vendeva deroghe e sotterfugi ai giudei ricchi. Avevo conosciuto il mio protettore durante i nove mesi di occupazione tedesca. Quando, fuggito al Nord, il suo pappone littorio, vagava da una tana all’altra impaurito e braccato. E io gli fornii un paio di ottimi documenti falsi. Fabbricati con molta abilità da un tipografo aderente al nostro movimento clandestino. Non erano dei sicuri salvavita. Ma avrebbero agevolato il suo travestimento da cittadino ariano impiegato in un’azienda edile che lavorava per il Grande Reich. Quindi esente da obblighi militari e a minor rischio di retate. Fermato due volte dalle ronde di polizia, quei fogli gli avevano evitato l’arresto”. Racconto rutilante, intessuto di dettagli autobiografici. Particolari attinti all’esperienza dell’autore nella ResistenzaItalia

Ritratti

Nel passaggio delle stagioni politiche dall’Italia del boom economico a Tangentopoli è memorabile la descrizione della scalata del giovane Bettino Craxi.  “Prima che il giovane Tiranno arrembasse la segreteria socialista, sottraendola alle mummie che vaneggiavano fumosi ‘equlibri più avanzati’. Le mie quotazioni nel partito e fra i parlamentari non andavano oltre l’invidia abbastanza diffusa per un compagno affermato negli ambienti giudiziari. Comprimario in molti ‘processi dell’anno‘. Profumatamente pagato per la sua attività professionale, ma non altrettanto munifico col segretario amministrativo. E mi eri sottratto ad ogni tentativo di incastrarmi in operazioni di finanziamento del partito, appena avevo subodorato che avrei dovuto esporre la mia faccia”. Altrettanto magistrale è lo squarcio sul declino giudiziario della Prima Repubblica: “L’inquisitore si era rifiutato di confermare la notizia che il Tiranno latitante fosse stato iscritto ancora una volta nel registro degli indagati. La stampa propendeva per il sì. Costava poca fatica. Si presentava come verosimile”.Italia

Viaggio in Italia

Il viaggio “a rebours” per scovare nella memoria la colpa da emendare è il filo rosso della narrazione. “I miei pellegrinaggi per riparare alcuni torti di maggior spessore, che avevo ripescati nei ricordi, si sono compiuti senza avermi consentito di raggiungere lo scopo che m’ero proposto su suggerimento della Madonna. Anche l’alpino monregalese a cui nel ’43 avevo sottratto la licenza che forse m’aveva salvato la vita era uscito dal mio taccuino, senza dovermene occupare direttamente. le informazioni raccolte lo davano vivo e vegeto in un paese al confine con la Francia, dove mandava avanti un piccolo caseificio. Dopo l’armistizio era passato ai titini, aveva combattuto contro i tedeschi. E al suo rientro in Italia i compaesani lo avevano accolto come un mezzo eroe. Per qualche anno aveva lavorato nel Partito comunista, ma beghe locali lo avevano spinto a lasciare la politica. S’era messo con suo padre e ne aveva ereditato l’azienda. Raccontargli ora che era stato truffato oltre mezzo secolo prima avrebbe aggiunto assai poco alla sua vicenda personale e nulla alla mia ipotetica riabilitazione”.