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Welfare 4.0: ecco come cambiano gli interventi “family friendly”

Il welfare aziendale è l’insieme dei beni e servizi che un’azienda può mettere a disposizione dei suoi dipendenti e delle loro famiglie al fine di migliorarne la vita privata e lavorativa, usufruendo di sgravi fiscali. “Più il welfare aziendale è diffuso, più diffuso è il benessere organizzativo in azienda e più alta è la produttività. Questo è un obiettivo non solo sociale ma anche di produttività per le nostre aziende marchigiane”, afferma l’assessore regionale delle Marche al Lavoro e Formazione professionale. Stefano Aguzzi si ritiene soddisfatto della risposta del territorio all’avviso “Sostegno alla realizzazione di interventi di family friendly nelle imprese della regione Marche“. L’iniziativa ha previsto una dotazione complessiva di due milioni di euro suddivisa nelle due annualità 2024 e 2025. L’avviso vuole favorire l’implementazione di nuove forme di organizzazione del lavoro “family friendly” da parte di aziende private. Tra le finalità, conciliare al meglio la vita personale con la vita lavorativa. Promuovere l’adozione di modalità di lavoro flessibili e misure di welfare di conciliazione vita-lavoro. Sostenere la partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Agevolare la corresponsabilità nei compiti di cura.

Foto di Heike Mintel su Unsplash

Progetti-Welfare

Tutti idonei sono risultati i dieci progetti pervenuti entro la scadenza del 2024, di cui cinque ammissibili a contributo rientranti nella dotazione finanziaria di un milione di euro. Sono 258 le donne lavoratrici con figli o familiari a carico non autosufficienti che beneficeranno delle azioni di conciliazione messe in campo dalle 17 aziende in Ati/Ats. Azioni che vanno dal sostegno alla flessibilità degli orari di lavoro, all’attivazione di servizi educativi per l’infanzia e di servizi proposti nell’ambito di attività estive, nonché pre e post-scuola per figli in età scolare. Fino all’attivazione di servizi di cura di familiari, diversamente abili (compresi i figli), anziani non autosufficienti. “Questa misura sperimentale mai attuata prima – afferma l’assessore Aguzzi – sarà attuata anche nel 2025 con una disponibilità di risorse pari a un  milione di euro. Continuando così l’azione della Regione di stimolare le imprese all’introduzione di soluzioni innovative di welfare per la conciliazione vita-lavoro. Innescando così un cambiamento culturale e organizzativo all’interno dei contesti lavorativi che consenta di adottare politiche di gestione del personale orientate al benessere dei propri dipendenti e delle loro famiglie“.

Foto di Dominik Lange su Unsplash

Criticità

Non mancano ostacoli nell’evoluzione del Welfare. A lanciare l’allarme è l’ordine degli assistenti sociali del Lazio. “Numerose criticità stanno emergendo nell’attuazione dell’Assegno di Inclusione, la misura che ha sostituito il reddito di cittadinanza a partire dal 2024 – avvertono gli assistenti sociali-. Le problematiche, di natura sia tecnica che procedurale, rischiano di compromettere l’efficacia del programma. E stanno creando complicazioni significative per gli assistenti sociali. Ostacolando il raggiungimento degli obiettivi di inclusione sociale e lotta alla povertà”. Il Consiglio Regionale del Lazio dell’Ordine degli Assistenti Sociali ha condiviso la situazione con il Cnoas, il Consiglio nazionale della professione. Inviando un report redatto grazie al contributo degli assistenti sociali della comunità professionale regionale. Ne è scaturito un accorato appello al legislatore e alla politica. Per un intervento urgente che sani la distanza tra la teoria del sistema Adi e la realtà quotidiana del lavoro degli assistenti sociali. Le criticità evidenziate riguardano difficoltà operative. Una informatizzazione troppo spinta delle procedure. E la complessità burocratica. Ciò complica il lavoro degli assistenti sociali. Rendendo difficile il rispetto delle tempistiche stabilite dalla normativa. E ostacolando l’erogazione tempestiva degli aiuti. Si riscontra, inoltre, una notevole riduzione del numero dei beneficiari.

Povertà assoluta

Secondo gli assistenti sociali del Lazio, l’impianto normativo dell’Assegno di Inclusione “esclude un gran numero di persone in condizioni di fragilità socioeconomica”. Non riuscendo a rispondere al “fabbisogno espresso dalla società civile”. I dati mostrano un aumento delle famiglie in povertà assoluta (8,5% nel 2023 contro l’8,3% del 2022). A fronte di una platea di beneficiari Adi “troppo ristretta”. Emerge poi una mancanza di flessibilità. La rigidità delle procedure e la scarsa discrezionalità degli assistenti sociali nell’applicazione della misura limitano la possibilità di adattare il sostegno alle esigenze specifiche di ogni nucleo familiare. Tutto questo sta comportando un “carico di lavoro eccessivo” per i professionisti. Che si somma a quello già presente nei servizi. Sa per le scadenze imposte dalla misura di contrasto alla povertà. Sia per la mancanza di un adeguato rapporto numerico tra assistenti sociali e beneficiari dell’Adi. Il rischio è di compromettere sia la qualità del servizio sia la propria l’incolumità personale”, aggiungono.

 

‘Le criticità che riguardano l’azione professionale degli assistenti sociali, palesate già nel passaggio tra le due misure, sono sconcertanti. Chiediamo che ci siano più assunzioni e che venga incrementato e/o stabilizzato il personale lavorativo professionale nei servizi, tale da garantire un carico di lavoro adeguato agli assistenti sociali e servizi di qualità ai beneficiari dell’Adi e alla popolazione tutta”, afferma Elena Addessi, neopresidente del consiglio regionale del Lazio dell’Ordine degli Assistenti Sociali. Il Consiglio invita, tutti gli assistenti sociali della comunità professionale del Lazio, a segnalare le criticità riscontrate nell’applicazione dell’Assegno di Inclusione tramite una mail dedicata adi@oaslazio.it, già attiva da tre mesi, che servirà per raccogliere dati utili sia a monitorare gli accadimenti e gli sviluppi di questa misura di contrasto alla povertà sia a stilare nuovi report.

 

Giacomo Galeazzi

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