Walker Talker: la “voce amica” a gettone

Il “walker talker” è una nuova figura professionale a cui ci si rivolge per effettuare una passeggiata e una chiacchierata

Il “walker talker” è una nuova figura professionale a cui ci si rivolge per effettuare una passeggiata e una chiacchierata. I fruitori sono, in genere, gli anziani, le famiglie degli stessi e chi soffre di solitudine o ha difficoltà nel relazionarsi con il prossimo. La prenotazione avviene tramite app.

L’idea è venuta in mente all’attore statunitense Chuck McCarthy che, nel 2016, ha lanciato la piattaforma “People Walker”, per offrire il servizio di passeggiata e chiacchierata a noleggio. Nella piattaforma, apripista in tutto il mondo, per altre del settore, ha rivendicato l’importanza del servizio e il correlato incentivo a muoversi, a camminare sempre. Il suo progetto è nato dal connubio tra la materiale esigenza di carattere economico e la più “nobile” constatazione di quanto, per i suoi concittadini di Los Angeles, fosse oppressiva la solitudine, da risolvere immediatamente.

L’iniziativa sembra ricordare servizi simili, on demand, per le richieste di trasporto (taxi, noleggio), come una corsa a pagamento. Per operare, non sono richieste, al momento, specializzazioni o abilitazioni tecniche (come per lo psicologo) ma è opportuno e auspicabile che il lavoratore sia dotato di sensibilità ed empatia, per abbinare il lato umano alla particolare attività professionale svolta.

L’assenza di una preparazione specifica e di un percorso formativo/scolastico inerente tale delicata “professione”, costituisce, tuttavia, un interrogativo. L’accesso all’attività lavorativa, permesso a chiunque, anche a chi non abbia alcuna predisposizione, può spalancare le porte (con tale apertura di credito) a chi sia interessato solo a questioni di carattere economico e non al recupero della persona sola o in difficoltà.

L’auspicio è che i “talker” siano sempre persone equilibrate poiché il rischio è, addirittura, quello di aumentare il disagio della persona da aiutare. La passeggiata dovrebbe costituire, infatti, un reciproco e costruttivo scambio dialettico fra le parti in questione, in una simbiosi emozionale, collaborativa e affettiva che sia di ausilio a entrambi.

Il vero contributo necessita di essere positivo e concreto, nel saper ascoltare, proporre, interrogare e stimolare l’altro a effettuare quel qualcosa di diverso che non ha il coraggio di affrontare da solo, prospettandogli la possibilità concreta di poterlo fare.

Il vero sostegno è di natura critica: riceve e, nel feedback migliore, ricambia e rilancia, nella parola e nell’agire. Al contrario, un atteggiamento completamente assertivo, annoiato, che annuisce a qualsiasi cenno della parte debole, non costituisce alcun contributo. L’ascolto distratto e non interessato non produce alcun effetto positivo e alimenta, invece, maggiore sfiducia nel soggetto che paga; in tal caso, riceverebbe un’accoglienza fredda e ostile e certificherebbe le proprie difficoltà. Si convincerebbe che, pur pagando, non otterrebbe ascolto, si considererebbe ancor di più come causa del suo male.

Si può concretizzare anche la fattispecie intermedia: il lavoratore che mostra impegno ma, fiutando l’“affare”, prolunga e diluisce all’infinito la “cura” senza avviare la svolta decisiva, in cui l’altro sia “guarito”, consapevole e responsabile, con maggiore autostima.

Lo scorso dicembre, “Il Sole 24 ore” ha pubblicato un volume dal titolo “Io sarò” (sottotitolo “Il grande libro di quello che farai da grande”), in cui 20 professionisti descrivono le caratteristiche dei nuovi lavori in cui si sono cimentati, per fornire spunti e opportunità ai giovani.

L’Istat, nel censimento triennale, riguardante le associazioni non profit, pubblicato il 15 ottobre 2021 e riferito all’anno 2019, indica molti dati. Fra questi, si legge: “Alla data del 31 dicembre 2019 le istituzioni non profit attive in Italia sono 362.634 e, complessivamente, impiegano 861.919 dipendenti. Tra il 2018 e il 2019 le istituzioni non profit crescono dello 0,9%, meno di quanto rilevato tra il 2017 e il 2018 (+2,6%) mentre l’incremento dei dipendenti si mantiene intorno all’1,0% in entrambi gli anni […] Nel 2019, analogamente all’anno precedente, le istituzioni crescono di più al Sud (1,8%), nelle Isole (+1,2%) e al Centro (+1,1%) rispetto al Nord (+0,3%). Nel dettaglio, le regioni che presentato gli incrementi maggiori sono il Molise (+4,7%), la Calabria (+3,2%), la provincia autonoma di Bolzano (+2,6%) e la Puglia (+2,6%) […] Nel 2019, come l’anno precedente, diminuisce il numero di cooperative sociali attive in Italia (-1,7%). Il resto delle istituzioni non profit segna invece un aumento: +3,2% quelle con altra forma giuridica, +1,9% le fondazioni e +0,7% le associazioni. L’associazione resta la forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,0%), seguono quelle con altra forma giuridica (8,5%), le cooperative sociali (4,3%) e le fondazioni (2,2%) […] Il settore dello sport rappresenta il 33,1% delle istituzioni non profit; seguono i settori delle attività culturali e artistiche (16,9%), delle attività ricreative e di socializzazione (13,6%), dell’assistenza sociale e protezione civile (9,5%) […] Al 31 dicembre 2019, il 10,0% delle istituzioni non profit è rappresentato da organizzazioni di volontariato (36.437 4 in valore assoluto), il 5,4% da associazioni di promozione sociale, il 4,5% da imprese sociali e il 3,8% da Onlus”.

I toni entusiastici che hanno accompagnato questa novità professionale hanno un po’ coperto le riflessioni, a freddo, che l’intuizione pone: se sia opportuna, sensata. Si tratta di un’idea veramente geniale, come grande trovata o forse non era stata trovata perché non geniale? È veramente così necessaria e risolutiva o è una trovata vacua ed effimera?

L’iniziativa è a pagamento ma, nella società, molti sono “soli” perché anche “ultimi”, senza mezzi economici; rimarrebbero, quindi, esclusi, da tale pensata.

Accanto a noi non ci sono sempre clienti e utenti ma anche persone: il prossimo qualsiasi, il passante imprevisto, il collega ignorato, il familiare inascoltato.

Il Papa Emerito Benedetto XVI, nel 2009 ricordava “L’ardente desiderio di Gesù di vincere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità create dall’egoismo, per dare volto a una ‘nuova umanità’, l’umanità dell’ascolto e della parola, del dialogo, della comunicazione, della comunione con Dio. Un’umanità ‘buona’, come buona è tutta la creazione di Dio; un’umanità senza discriminazioni, senza esclusioni”.

L’esistenza è soprattutto una co-esistenza, partecipazione e comunione. “Amare un essere significa dire tu non morrai”, parole del filosofo francese Gabriel Marcel.

La solitudine, grande male che attanaglia giovani e anziani, pone radici in un contesto sociale sfilacciato, senza valori, fondato sul profitto e sulle occasioni più “geniali” per ottenerlo. Vincere la solitudine o, comunque, lavorare per ridurla è un obiettivo che parte dalle fondamenta e la aggira soffocandola con il dialogo, puntellando socialità e solidarietà; pensare di poterla scalfire con delle misure-tampone dà l’idea di voler tappare una grande ferita con un piccolo cerotto.

Il mondo del web, dei social, delle serie TV e dei canali a pagamento, ha immobilizzato le persone nella solitudine domestica e ne ha tarpato le capacità relazionali. La socialità digitale è fragile e spesso degenera in gravi atteggiamenti di bullismo e di esclusione. Questo è l’altro grande e nuovo isolamento importato dagli schermi ma necessariamente da vincere, in modo radicale e primario, alla fonte.

Togliamo spazio e voce alla solitudine, non certifichiamone l’essenza, in un cammino solidale, condotto insieme, gratuitamente.