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Voci dall’inferno della ludopatia: “Non giudicateci”

La quarantena ha costretto chi è affetto dalla dipendenza dal gioco ad abbandonare malsane abitudini. Ecco alcune testimonianze

Con la quarantena c’è chi ha chiuso fuori dalla porta di casa i propri demoni. Sono le persone affette da ludopatie, che con la serrata di sale giochi e ricevitorie sono stati costretti ad abbandonare malsane abitudini. Il 30 marzo l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha vietato giochi e scommesse nelle tabaccherie per evitare assembramenti. Più volte il divieto è stato sul punto di vacillare, ma dall’11 maggio è definitivamente caduto dando il via libera a 10&Lotto, WinForLife, Lotto, SuperStar, SiVinceTutto SuperEnalotto, Eurojackpot, Millionday Winforlife e Winforlife Vincicasa. In tre mesi Lottomatica, filiale italiana del gruppo International Game Technology, lamenta di aver perso il 30% degli introiti. Mentre la concessionaria di Stato mostra preoccupazione per i lavoratori della filiera, il mondo del no profit protesta per l’aumento del rischio per i pazienti a carico. E c’è chi propone di reinvestire i 10 miliardi di euro di entrate vengano reinvestiti per la riconversione della filiera.

La ludopatia, una droga

Gli unici giochi a non essere stati toccati dalle misure restrittive sono i gratta e vinci, rimasti a disposizione dei clienti durante tutta la pandemia. E c’è chi ne ha approfittato. “Non chiamatelo gioco: l’azzardo è una droga – ha affermato Simona, 45 anni –. I tagliandini hanno continuato a circolare e ammetto di aver scaricato la tensione per l’emergenza sanitaria nel gioco. Ho iniziato a 18 anni e pensavo di controllare la dipendenza. Ho cominciato con il Lotto, quando l’estrazione era solo una alla settimana. Poi i giorni sono aumentati, così come l’offerta dei giochi. La patologia è arrivata a livelli così alti, che dovrò rispondere in sede giudiziaria dell’accusa di frode all’INPS: quando mio padre è deceduto, ho continuato a percepire indebitamente la sua pensione e ogni mese l’ho scommessa. Tante volte sono uscita dalle ricevitorie con il chiaro intento di uccidermi. Ho giocato i soldi con cui avrei dovuto comprare le scarpe a mia figlia e 25mila euro chiesti in prestito per comprare una casa popolare. Sono arrivata a perdere circa mille euro al mese, quando ne guadagnavo tra i 1200 e i 1500. Io posso anche curarmi, ma i soldi non torneranno più. Ammetto le mie colpe, ma mi sento vittima dello Stato: ci avverte che l’azzardo fa male, ma non fa nulla per fermarlo”.

L’ossessione

La crisi economica causata dalla chiusura di industrie e imprese inasprirà le difficoltà personali e sociali dei malati, chiamati a scegliere se scommettere o sopravvivere. “Sono nullatenente e lavoro a nero nel negozio di famiglia. Finora la quarantena l’ho vissuta tranquillamente, perché sono tre anni che non gioco più – ha detto Mariella, 68 anni –. Non ho più soldi in mano da gestire: li dovrei chiedere e giustificarne l’utilizzo. Da credente ho pregato per chi combatte questa malattia. Arrivi a fare cose indegne, fregandotene di chi ti sta intorno. Io ho addirittura rubato a mio marito, di cui ho perso la completa fiducia: si porta sempre dietro il portafoglio o lo nasconde. Tutto questo per cosa? Delle giocate al Lotto e al Superenalotto, un effimero sollievo dalle sofferenze della vita. Solo in terapia ho capito che la mia ossessione deriva dal non sentirmi amata. Un passaggio in cui sono stata aiutata da mia cognata, perché da sola non ce l’avrei mai fatta. Io ho sbagliato e ho chiesto scusa, ma penso che tutti debbano avere un’occasione per riscattarsi. Non giudicateci: può succedere a chiunque”.

L’azzardo online

Se il gioco fisico è in diminuzione, quello online è in crescita del 30%, perché non si capisce come regolamentarlo. “Per alcuni la quarantena è stata un vantaggio, per me no: la chiusura delle sale giochi non salva dal poker online – ha confessato Patrizio, 47 anni –. Non ho mai pensato di tornare a giocare. Ho iniziato più di dieci anni fa cercando una distrazione e sono finito con il far ruotare tutte le mie giornate attorno alla giocata. Il periodo più critico è coinciso con la formazione della mia famiglia, quando le mie figlie avevano una 4 anni e una appena nata. Proprio quando ci si aspetterebbe da una persona minore egoismo, io esaurivo il limite della carta di credito nei primi 3 o 4 giorni del mese. Quel che è peggio è che sono arrivato a giocarmi anche i soldi di mia moglie. Quando lei ha monitorato i miei conti è stato il punto di svolta: la sua rabbia e la sua frustrazione mi hanno spinto ad andare in un centro di recupero. Grazie ai miei amici ho ripagato i debiti senza dover contrarre prestiti. Ancora oggi scommetto, ma cifre molto più ragionevoli. Il segreto è focalizzare l’attenzione su altri obiettivi più complessi”.

L’offerta del volontariato

Accoglienza, orientamento, diagnosi, psicoterapia individuale e combinata. È l’approccio dell’associazione SOS Azzardo, che da anni cura le dipendenze dal gioco. “Siamo felici che in questo periodo alcuni giocatori siano riusciti a smettere – ha affermato Guglielmo Masci, responsabile dell’associazione –. I giganti del gioco d’azzardo hanno registrato perdite sostanziali. Durante la quarantena abbiamo continuano le attività messe in piedi negli ultimi anni. Il Terzo settore è avanti nella programmazione dei servizi alla persona e dovrebbe essere incentivato in chiave di servizi territoriali. Prima però occorrerà anche valutare come sono stati spesi i 50 milioni di euro stanziati dal 2014 a oggi“.

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