“Vide e si fermò”: la storia di Don Marco in corsia durante il Covid – Video

La vita di un uomo e sacerdote vissuta al servizio del prossimo. Una straordinaria esperienza umana vissuta 24 ore su 24 vicino ai malati nei reparti Covid

“È stata un’esperienza dura, impegnativa – sottolinea don Marco Galante –. A volte
subentra anche un senso di impotenza, come quando un paziente ti chiede un po’ d’aria e non sai come aiutarlo”. La Chiesa di Padova si è sentita coinvolta dall’emergenza ed ha deciso di lanciare un segnale concreto chiedendo a Don Marco di alleviare la solitudine dei malati, impossibilitati a ricevere visite, e di dare sostegno umano e spirituale al personale ospedaliero e medico. E’ stata una decisione presa dal Vescovo Claudio Cipolla eannunciata durante l’omelia della Santa Messa del 2 novembre 2020, celebrata al cimitero Maggiore di Padova “Per indicare che i cristiani sono chiamati a servire la vita in tutti i suoi momenti, anche quelli della malattia, ho incaricato un prete della nostra Diocesi per una missione particolare: stare 24 ore su 24 presso l’ospedale di Schiavonia a disposizione degli ammalati di Covid, dei loro famigliari, degli operatori sanitari: un modo per annunciare il Vangelo della vita, un segno per invitare tutti a servire la vita e a testimoniare che Dio ama la vita, questa nostra vita umana anche nei suoi momenti più estremi”.

Vicino ai malati fino alla fine

Don Marco è stato al fianco degli operatori sanitari per sostenerli spiritualmente nel loro difficile lavoro. Questa la delicata “missione” svolta da Don Marco Galante, 46 anni, amministratore di quattro parrocchie ai piedi dei Colli Euganei (San Giacomo, Ca’ Oddo, Schiavonia e Marendole) e da sei anni cappellano nel presidio di Monselice dell’Ulss 6 Euganea. Don Marco ha visto con i suoi occhi le 2 conseguenze della pandemia, vivendo nell’ospedale di Schiavonia, primo Covid Hospital del Veneto e d’Italia, in provincia di Padova, dove il 21 febbraio 2020 morì la vittima numero uno del coronavirus.

Una divisa con il nome

Con il nome scritto con il pennarello sulle tute anti Covid, come medici ed operatori
sanitari, Don Marco ha vissuto, nel novembre 2020, all’interno dell’ospedale seguendo
anche un corso di «vestizione» per apprendere il corretto utilizzo dei dispositivi di
protezione in dotazione ai sanitari. Bardato con camice, calzari, cuffietta, visiera, guanti e mascherina ha fatto quotidianamente il giro dei malati colpiti dal virus per portare conforto e fiducia, sostenendo le famiglie di coloro che hanno perso i propri cari.

“Vide e si fermò”

Don Marco ha raccontato la sua straordinaria esperienza umana a Giovanni Panozzo
nel corto dal titolo “Vide e si fermò”, filmato della serie sulle vite e sulla missione dei
sacerdoti. “La prima medicina che somministro – spiega Don Marco – è quella della speranza. Spesso le persone ricoverate, soprattutto nei primi giorni, sono intimorite dalla malattia che non sanno come evolverà. Io le ascolto e prego con loro. Anche se, secondo i protocolli, la visita deve essere veloce vedo che, di solito, quando si comincia a pregare, le persone si rasserenano. Bisogna far sentire meno soli gli ammalati perché il virus isola molto. C’è proprio il desiderio di una parola di conforto, l’isolamento è un
tempo in cui si può diventare tristi, impauriti, e la vicinanza di qualcuno aiuta a
superare questi stati d’animo”.

Dalla preghiera in corsia a quella in Chiesa

Nel pomeriggio il cappellano si è dedicato all’aspetto spirituale, celebrando la messa nella cappella del Covid Hospital, dotata di una telecamera che rimanda le immagini in diretta nelle televisioni a circuito chiuso poste ai piedi di ogni letto per consentire ai malati di pregare tutti insieme, senza che nessuno si debba spostare dalla propria stanza. Due volte alla settimana ha officiato la messa per il personale e la sera, si è sempre collegato online con i fedeli delle sue quattro parrocchie, affidate provvisoriamente ad altri due sacerdoti, per far sentire loro la sua presenza e vicinanza.