Il grido di dolore di Unicef Italia per i bambini vittime della guerra israelo-palestinese

Foto: Unicef

A Gaza e in Israele, almeno 60 bambini sono stati uccisi e altri 444 sono stati feriti in poco più di dieci giorni. Il punto di riferimento è il 10 maggio, l’inizio della crisi tra Hamas e Israele, deflagrata a Gerusalemme sulla spianata delle Moschee pochi giorni prima della fine del Ramadan, e poi allargatasi a tutta la striscia di Gaza e in Cisgiordania (o West Bank). All’undicesimo giorno di guerra, Israele e Hamas ieri notte hanno dichiarato un cessate il fuoco “reciproco e simultaneo” a partire dalle 2 ora locale di oggi (l’1:00 in Italia), 21 maggio.

Il risultato di questi scontri sono allarmanti: circa 30.000 bambini sono stati sfollati, circa 250.000 bambini hanno bisogno di servizi di protezione, almeno 4 strutture sanitarie e 40 scuole sono state danneggiate. “Sono purtroppo dati sottostimati“, racconta a In Terris Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia.

L’appello di Andrea Iacomini per Unicef Italia

“L’uccisione di questi bambini rappresenta un campanello di allarme che rivolgiamo a tutta la comunità internazionale”, ci spiega Iacomini, giornalista con una lunga esperienza sul campo. Nato a Roma nel 1974, laureato in Scienze Politiche (indirizzo internazionale e comunitario) all’Università LUISS G. Carli e diplomato alla Scuola di giornalismo dell’Università di Tor Vergata, si è infatti impegnato fin da giovanissimo come volontario e attivista nel mondo dell’associazionismo scoutistico, politico e sociale.

Il dott. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia

Tra le tante mobilitazioni lanciate in questi anni in UNICEF Italia, si ricorda la campagna “Tutti giù per terra” (qui il video di presentazione) per dire basta alle morti di piccoli innocenti in mare, a cui ha aderito simbolicamente anche il conduttore Carlo Conti durante il Festival di Sanremo 2016. Tra le sue missioni più importanti quelle in Ghana, Sierra Leone, Libano, Siria, Giordania, Iraq e Kurdistan iracheno dove ha visitato molti campi profughi e attività dell’UNICEF.

È autore di diversi libri, tra cui il romanzo autobiografico “Il giorno dopo”, (Ed. Ponte Sisto, 2016). È membro della giuria e ospite d’onore del Premio Rai “Luchetta Hrovatin Ota” di Trieste per la sua intensa attività al fianco dei bambini ed ha ricevuto dalla Fondazione “Riccardo Tanturri” il Premio Scanno 2014 per la categoria “Valori”. Nel 2016 è stato inoltre insignito del Premio Cutuli Città di San Severo e del Premio “Città di Caorle”. Ad agosto 2019 gli è stato conferito il Premio Internazionale “Ignazio Silone” dalla Regione Abruzzo. E’ portavoce di Unicef Italia dal 2011.

Cifre che fanno paura

“La situazione nelle zone di conflitto è terribile” racconta Iacomini: “Ci sono almeno 300mila persone che hanno urgente bisogno di acqua e servizi igienici; 250mila persone hanno bisogno di tutto. Il peggiore degli scenari che si può realizzare è che ci troviamo di fronte a 2 milioni di persone colpite da questo disastro: 1 milione e 900mila nella Striscia e 100mila nella West Bank. Poi bisogna considerare 600mila sfollati e circa 15mila persone ferite. E’ una proiezione che fa paura! Come Unicef stiamo dando un aiuto concreto alla popolazione, ma è necessario un prolungato stop dei combattimenti per permettere l’accesso agli operatori umanitari in tutta l’area”.

Bombardati anche scuole e ospedali: “Non è un errore umano”

Perché vengono colpiti obiettivi civili come scuole e ospedali? “In guerra – evidenzia Iacomini – non esistono obiettivi sensibili. Non è vero che le scuole o gli ospedali vengono bombardati ‘per errore’. Fa invece parte del piano per abbattere l’animo del nemico, per mettere paura, per annichilire le popolazioni con azioni disumane, come l’uccisione di donne e bambini”.

“Non c’è errore umano, c’è invece la chiara violazione del diritto umanitario. La sorte dei bambini passa in second’ordine rispetto ai piani politici delle parti in guerra, qualunque esse siano. Gaza lancia razzi sulla popolazione israeliana e Israele risponde con bombardamenti a tappeto senza precedenti sulla popolazione palestinese: a rimetterci, però, sono soprattutto gli indifesi, i poveri, i più piccoli: gli innocenti. E’ evidente che non c’è stata nessuna attenzione da ambo le parti né verso l’infanzia, né verso i civili in genere: è una vera e propria guerra. Lo rivelano i numeri, drammatici, dei morti e feriti”.

Tre bambine a Gaza. Le famiglie si sono rifugiate nelle scuole. Credit: Unicef

Le richieste di Unicef

Cosa chiede concretamente Unicef alle istituzioni? “Come Unicef – risponde il portavoce – chiediamo di poter entrare in tutte quelle zone di guerra dove non abbiamo accesso per portare immediati aiuti umanitari”.

“Nello specifico: acqua potabile e il ripristino delle tubature idriche, delle reti elettriche, della fornitura del gas e di tutto quello che è strettamente necessario per la quotidianità delle persone; assistenza medica ai feriti; assistenza psicologica per bambini e famiglie; distribuzione di farmaci e tutto ciò che serve da un punto di vista igienico-sanitario, soprattutto ai bambini e ai neonati. Infine, cosa più importante di tutte, chiediamo alle parti di adoperarsi, dopo il cessate il fuoco iniziato oggi, a costruire una pace duratura”.

Distribuzione dell’acqua potabile a Gaza. Credit: Unicef

Opinione pubblica divisa

“Vorrei fare una precisazione importante. Gli scontri di questi giorni hanno diviso l’opinione pubblica italiana e mondiale. Ciascuno è libero di aderire a una o all’altra causa, quella israeliana o quella palestinese; ma non dimentichiamoci che non si tratta di un tavolo politico, ma di una guerra dove – mentre il mondo discuteva – morivano persone da ambo le parti della barricata”.

“Dinanzi alla morte di bambini innocenti, sia bimbi israeliani sia bimbi palestinesi, le armi dovrebbero tacere. Invece, sono pochi i leader che hanno preso una posizione forte a favore della pace. Uno di questi è Papa Francesco, sempre molto attento a questo genere di tematiche, che non ha usato mezzi termini”.

Papa Francesco: “Cercare la strada del dialogo e del perdono”

“L’odio e la vendetta dove porteranno?” aveva infatti detto Papa Francesco alla recita del Regina Caeli dello scorso 16 maggio in un appello sugli scontri in Terra Santa fra israeliani e palestinesi. “Davvero pensiamo di costruire la pace distruggendo l’altro? In nome di Dio, faccio appello alla calma, e a chi ne ha la responsabilità di far cessare il frastuono delle armi, di percorrere l’avvio della pace, anche con l’aiuto della comunità internazionale. Preghiamo – aveva concluso il Pontefice – perché possano trovare la strada del dialogo e del perdono”.

Esplosione di una bomba a Gaza. Credit: Unicef

Da scontro locale a guerra globale?

“Abbiamo forse perso l’idea – prosegue Iacomini – che è la pace la cosa da chiedere e volere con più forza, non l’adesione o la solidarietà politica che ho visto dare dalla gente (anche nelle piazze italiane) a una o all’altra parte in guerra”.

“Inoltre, alcuni credono che gli scontri non riguardino l’occidente, l’Europa, il mondo… ma solo quel piccolo pezzetto di terra. Ma non è così. In un contesto destabilizzato come quello mediorientale, con Nazioni apertamente schierate con uno o l’altro dei due attori in guerra, lo scontro tra Israele e Hamas rappresenta in realtà una polveriera pronta a riesplodere”.

“La comunità internazionale – l’appello finale del portavoce Unicef Italia – dovrebbe quindi fare un grande sforzo per facilitare il processo di pace, altrimenti questo conflitto apparentemente locale potrebbe in futuro deflagrare in una guerra globale. A spese di tutti, ma in primis – come in tutte le guerre – dei bambini!”.

Per chi lo desiderasse, è possibile fare una donazione a Unicef cliccando qui.

Gaza: bambini palestinesi giocano vicino casa, 22 marzo 2021 (Photo by Mohammed ABED / AFP) Credit: Unicef