Un federalismo “a metà strada” ostacola ogni strategia anti-pandemia

Sulla conflittualità Stato-Regioni in pandemia intervista a Interris.it di Dino Latini, presidente del Consiglio Regionale delle Marche

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“Occorre ripartire da valori indissolubili e metodi sempre  verdi per chi vuole impegnarsi in politica. E cioè una casa comune (anche mediatica o con altri attuali strumenti) in cui si progetti e si esprima il  nuovo. Non interpretato in modo carismatico da un solo leader, ma da molte persone”, afferma a Interris.it il presidente del Consiglio Regionale delle Marche, l’avvocato Dino Latini. Fondatore del primo movimento civico delle Marche, ha come obiettivo quello di creare un movimento civico nazionale.Pandemia

La lezione della pandemia

Secondo Dino Latini “la pandemia ha  detto che le regioni hanno la forza di intervenire con più aderenza e  tempestività al problema“. E aggiunge il presidente del Consiglio Regionale delle Marche: “Si dovrebbe solo tendere a una migliorare i rapporti tra Regioni e regioni e regioni e governo centrale. Non invece a  rimettere in discussione quanto è  stato faticosamente costruito negli ultimi 20 anni”.

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Il moderno ascensore del Passetto di Ancona

Da presidente del Consiglio regionale delle Marche, come valuta  i ricorrenti conflitti tra governo nazionale e Regioni sulla strategia anti-pandemia?

“E’ una conseguenza derivante dalla  riforma del titolo V della costituzione. Da allora è esplosa la  concorrenza fra Regioni e  Stato, divenendo le prime, di fatto veri e propri land o stati confederati senza però alcuna ossatura statuale al riguardo. Per frenare il federalismo nel 2001 si anticipò alcune pulsioni che erano nelle corde del popolo italiano. Ma che dovevano essere inquadrate in un contesto molto  più ampio. Fu un errore allora e altrettanto errore sarebbe ora  ritornare a uno stato centralistico”.

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Lei è stato l’ultimo segretario della Dc nel suo comune. Ora in un momento di generale difficoltà a quale etica della responsabilità è chiamato un cattolico impegnato nelle istituzioni?

“Una grande responsabilità che se anche vuole essere  scansata o assunta da altri ricade e ricadrà  sui cattolici italiani e europei. Essendo parti indiscusse delle radici europee e componente ineliminabile per il futuro del continente. Non si tratta di una rivendicazione bigotta confessionale. Ma di uno stile connaturato dell’europeo medio, non mediocre né moderato inteso come rinunciatario e molle”. PandemiaPuò farci un esempio?

“L’icona è la cancelleria Merkel,  che dimostra come popolarismo, civismo, si coniuga con modernità, conservazione delle cose buone da preservare e forma di rapporto con i cittadini. Manca, ma non per molto, in Italia, la forma del contenitore non il contenuto”.Cosa significa avere un incarico delicato come il suo in una fase storica così drammatica?

“Beh, sono all’inizio, non saprei neppure dare una costatazione, figuriamoci un giudizio. Sento il peso del momento storico che chiude un’ epoca aperta nel 1989 con il modo globalizzato. E si avvia per un po’ a essere una sorta d nuovo medio evo di alcune zone del  modo.  Su scala regionale  credo sia importante dare continuità all’attività della Regione ed esempio che è una casa di vetro”.
Alcide de Gasperi ad una manifestazione di piazza
Cosa non funziona dell’attuale federalismo all’italiana?
“E’ a metà  strada. Non potrà essere ricacciato nelle valli del Nord o nella letteratura politica dell’800 del secolo scorso. Ma non si libera a pieno federalismo come si vive in altri contesti storici e culturali. In realtà, l’Italia non vuole il federalismo tra stati regioni. Bensì una migliore autonomia federalista, coniugata a filo doppio con uno stato snello e non oppressore”.