Transizione ecologica e mondo del lavoro, quale futuro ci attende?

In Terris ha intervistato il segretario Confederale della Cisl Angelo Colombini su economia green e mondo del lavoro

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La salvaguardia dell’ambiente è una problematica di annosa attualità per cui è necessaria una transizione ecologica che si basi su un nuovo modello economico e sociale di sviluppo che metta al suo centro la salvaguardia dell’ecosistema attraverso incremento della cosiddetta economia circolare, ossia un modello di sviluppo che valorizzi condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo e generare così ulteriore valore economico e sociale. In Terris ha parlato di questi temi e del loro possibile riflesso sul mondo del lavoro con il Segretario Confederale della Cisl Angelo Colombini.

L’intervista

In che modo è possibile favorire la transizione ecologica delle aziende italiane?

“Naturalmente non c’è una sola modalità, molto dipende anche dalla storia della singola impresa. Ricordo che il modello di incentivi di Industria/Impresa 4.0 sembra aver funzionato e che sicuramente l’innovazione tecnologica è parte importante della transizione ecologica delle aziende. Come leva si potrebbero usare gli acquisti della Pubblica Amministrazione, tramite il cosiddetto Green Public Procurement. Anche la contrattazione sta cercando di fare la sua parte. Ci sono moltissimi accordi aziendali relativi ai premi di risultato che hanno a riferimento indicatori ambientali e/o dello sviluppo sostenibile, anche semplici, ma che indicano la via da percorrere. La UE ha fornito un primo elenco di investimenti green (Tassonomia), a cui ci si dovrebbe riferire per i nuovi investimenti dei vari fondi. Gli strumenti sostanzialmente ci sono, occorre farli funzionare bene ed in una logica sistemica”.

Quali potrebbero essere le principali problematiche di questa transizione?

“Da tempo diciamo che le lavoratrici ed i lavoratori vanno accompagnati nella fase di transizione; chi si dovrà riqualificare, chi dovrà cambiare impiego, chi come i giovani dovranno trovare un impiego ex novo. Le politiche attive del lavoro devono essere al centro di questo processo e sappiamo che siamo molto indietro nella loro implementazione. Il lavoro, la qualità del lavoro, l’occupazione e l’occupabilità delle persone devono essere gli obiettivi concreti delle politiche dei prossimi anni. Noi della Cisl mettiamo naturalmente al centro del nostro impegno il lavoro, il suo valore, l’occupazione; non è un dato scontato. Alcune differenziazioni che abbiamo in generale con l’ambientalismo sono proprio relative all’importanza del lavoro nei processi di transizione, che non solo riteniamo inevitabili ma anche necessari per favorire la competitività del sistema paese. Anche quest’ultimo tema non viene trattato con la dovuta attenzione”.

Come si possono incentivare la formazione e l’occupazione in questo ambito?

“Penso che negli anni passati abbiamo visto all’opera e sperimentato quasi ogni possibile forma di incentivi che purtroppo però ci hanno lasciato con tassi di occupazione insoddisfacenti. Più che di nuovi incentivi da inventare occorre strutturare il sistema in modo efficiente e continuativo, prima di tutto, come già accennato le politiche attive del lavoro, che vogliono dire formazione continua, alternanza scuola lavoro, orientamento. Una serie di servizi che accompagnino le/i giovani, le lavoratrici ed i lavoratori in tutta la vita attiva e nelle transizioni, che siano facilmente utilizzabili ed omogenei su tutto il territorio nazionale, mettendo insieme strutture pubbliche e agenzie private. Non bisogna avere un approccio ideologico, occorre risolvere i problemi delle persone. Sulla formazione continua abbiamo già strumenti come i Fondi interprofessionali, che vanno ulteriormente sviluppati ed a cui non vanno tolte risorse. Non possiamo però tacere che un grande lavoro lo devono fare anche gli imprenditori, nell’usare bene gli incentivi e gli strumenti esistenti. Se è vero che esiste un così grande mismatch nel mercato del lavoro va detto però che se le persone hanno richieste solo per contratti di breve o brevissima durata non si creano le condizioni di base per imprese sane e strutturate e le persone non investono neanche su stesse. Nel mercato del lavoro occorre risolvere aspetti qualitativi, non solo di costi”.

Quali saranno i benefici dell’economia circolare nel contesto economico e produttivo italiano?

“Il tema dell’economia circolare necessita di un approccio sistemico, di complessa attuazione, e che ha bisogno di una collaborazione tra tutte le parti. Nella sostanza tutti i settori dovranno essere coinvolti. Se pensiamo solo alla raccolta, al trattamento ed all’utilizzo dei rifiuti in chiave di economia circolare tutti siamo coinvolti, dai singoli cittadini alle imprese. Tuttavia, occorre aver presente che l’economia circolare non sono solo i rifiuti. L’economia circolare è importante per l’Italia, non solo perché da sempre è povera di materie prime, ma perché già adesso rappresenta uno strumento con grandi potenzialità di innovazione. Se pensiamo ai carburanti alternativi, ecodiesel, bio metano, allo studio di nuovi materiali che hanno bisogno di nuovi impianti innovativi, o a nuovi utilizzi di scarti di produzione o all’eco progettazione, in essa sono coinvolti dai settori produttivi a quelli dei servizi e del consumo. Va stimolata ogni possibile potenzialità inerente l’economia circolare, perché per ogni possibile attività vuol dire mettere in una rete condivisa e collaborativa soggetti diversi ma complementari. Si tratta di creare le basi per la cosiddetta economia generativa ed inoltre di lavorare per disgiungere la crescita dal semplice consumismo. Quest’ultima questione rappresenta uno snodo importante proprio in chiave strettamente ambientale oltreché etica”.