Il traffico d’oro non si ferma malgrado la pandemia

Nei giorni scorsi un report pubblicato da Gi - Toc ha evidenziato che, nonostante la pandemia, il traffico d'oro in Africa orientale e meridionale è in aumento

Secondo una ricerca dal titolo Mercati illeciti dell’oro nell’Africa orientale e meridionale pubblicata da Global Initiative Against Transational Organized Crime il mercato illecito dell’oro in Sudafrica, Uganda, Kenya, Zimbabwe e Sud Sudan ha subito un notevole incremento anche durante la pandemia da Covid – 19 causando un contestuale aumento del commercio illegale ed un peggioramento delle condizioni dei minatori in stato di necessità che hanno continuato a lavorare in condizioni di estremo pericolo e precarietà anche durante la fase peggiore dell’emergenza sanitaria.

I proventi del traffico d’oro e le conseguenze dello stesso

Tanto premesso, è utile ricordare che, il traffico d’oro è una delle principali cause dei conflitti che attanagliano il continente africano, a titolo esemplificativo, secondo un rapporto stilato da un gruppo di esperti dell’ONU, nella sola Repubblica Democratica del Congo ogni anno vengono contrabbandate – verso i paesi sede dei più importanti mercati internazionali di questo metallo, come ad esempio gli Emirati Arabi Uniti, – dalle 10 alle 20 tonnellate di oro per un valore approssimativo superiore ai 300 milioni di dollari, i quali vanno a finanziare i diversi gruppi paramilitari che si contendono i bacini estrattivi del paese per depauperarne le risorse. In particolare, il presente studio, si è focalizzato sull’anno 2020 e ha preso in esame i vari punti della filiera produttiva nei diversi paesi, ad esempio per quanto riguarda lo Zimbabwe ed il Kenya, le attività estrattive sono alquanto sviluppate ed avvengono mediante l’utilizzo di strumenti meccanici, in Sudafrica invece i minatori che svolgono attività estrattive illegali si calano nei pozzi minerari commerciali abbandonati ma nel contempo attivi ed infine in Sud Sudan le procedure di estrazione del metallo prezioso avvengono utilizzando tecniche arcaiche con i minatori che non sono dotati di alcuna attrezzatura o dispositivo di sicurezza. Rispetto a quanto precedentemente esemplificato è doveroso sottolineare che le attività estrattive illegali svolte nei sopracitati paesi sono sempre molto rischiose, indipendentemente dalle attrezzature utilizzate, a titolo d’esempio si ricorda che un mese fa sono stati rinvenuti i cadaveri di venti minatori in un sito estrattivo illegale a sud est di Johannesburg ed oltre a ciò, è fondamentale ricordare che l’estrazione dei metalli senza le dovute misure di sicurezza è dannoso sia per l’ambiente che per la salute dei minatori i quali vengono anche sottoposti al giogo di reti criminali senza scrupoli che espongono gli stessi a racket, migrazioni forzate, omicidi e prostituzione.

Urge un intervento internazionale per creare una filiera etica

In ultima istanza, alla luce di quanto precedentemente detto, è fondamentale che le istituzioni internazionali preposte, mediante la stesura di una normativa più efficace corredata da un’ulteriore e più pregnante organismo di controllo, contribuiscano a costruire una filiera del commercio dell’oro maggiormente responsabile ed etica che mette al primo posto la tutela dei diritti dei minatori e la valorizzazione del loro lavoro mediante un adeguato sistema di protezione sociale ricordando sempre il fulgido pensiero di Nelson Mandela che era solito ripetere: “La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti.