I colori dell’Africa in passerella con Pinda Kida

La pelle scura, la voce calda, un cuore d'oro. Lei è Pinda Kida, la stilista del Mali che colora le passerelle d'Italia con uno stile tutto africano

Colorata, empatica, estroversa e dolcissima, ma soprattutto un pieno di energia! Lei è Pinda Kida. Una stilista che racconta la sua Africa tramite i vestiti e la delicatezza dei tessuti con la leggiadria di chi li indossa. Pinda non è una stilista qualsiasi.

La vita di Pinda

Pinda è una ragazza arrivata dal Mali con i suoi sei fratelli ed i suoi genitori che ha perseguito un sogno. É riuscita a realizzarlo nonostante la vita le abbia riservato una sorpresa non tanto piacevole. “Avevo 24 anni e stavo decidendo cosa fare della mia vita. Avevo cominciato a fare anche a fare le prime sfilate. Il mio primo vero approccio con la moda, quando all’improvviso ho cominciato ad avere problemi nel camminare. Anche la vista cominciava a tentennare. Le forze diminuivano e non capivo cosa mi succedesse. Ad un certo punto ho capito che c’era qualcosa che non andava”.

 

Video editato da ©aism nel 2014

Il momento della diagnosi

“Poi è arrivata la sentenza. Sclerosi multipla. Da quel giorno sono cambiata, sono entrata in un mondo diverso. Il problema non è stato sapere della malattia, il problema è stato conviverci. Ti senti perennemente stanca, abbattuta, hai paura di poterti ritrovare sulla sedia a rotelle, di non poter camminare. Piano piano sono stata meglio, anche se ho cominciato a prendere tanto cortisone. Cambi e ti vedi diversa. Questa cosa ti fa tanto male però poi la accetti. Io ero una vanitosa patologica e non mi vedevo più come prima. Sono tre le fasi della malattia accettazione, convivenza e realizzazione. L’accettazione si ha quando sai di stare male. La convivenza è stata la più dura, il “per sempre”. La realizzazione invece arriva quando riesci ad essere te stessa nonostante tutto. Quando sai che sei riuscita a fare tutto quello che avevi in programma nonostante tutto hai vinto, ed io lì ho vinto”.

Pinda Kida

Toglietemi tutto, ma non la possibilità di creare

Un sintomo della malattia è quello del tremore. Io una cosa ho sempre saputo fare benissimo ed era disegnare. Le mani però cominciavano a tremare, non riuscivo più a disegnare come prima. Avevo il terrore che questa malattia mi stesse togliendo la libertà di poter creare. Tra mille paure decisi di chiudere e di lasciar stare. Poi un giorno mi diedero il numero di una ragazza dicendomi che avrebbe potuto aiutarmi e consigliarmi perché aveva la mia stessa malattia. Diventiamo amiche, ma alla fine mi chiede soldi, tanti soldi. Mi fa parlare con un medico e questo medico mi dice che c’era la possibilità di sostenere un’operazione al costo di 5000 euro che mi avrebbe fatta guarire dalla malattia. Ne parlai con un mio medico e mi fece capire che si trattasse di un imbroglio. Da quel giorno la mia vita ha preso un’altra strada perché ho deciso di avvicinarmi all’aism, l’associazione italiana della sclerosi multipla”.

 

Il posto nel mondo di Pinda Kida

“Pensavo di non essere nel posto giusto e invece poi sono entrata in un mondo fatto di persone che erano come me, ma che riuscivano a mantenere uno bello stile di vita. La patologia non li fermava. Mi sono sentita parte di una squadra. Insieme facevamo cene, organizzavamo delle gite. Ad oggi sono anche volontaria dell’Aism. Con loro ho organizzato la mia prima sfilata. Io faccio sfilare la modella di un metro e novanta e la nonna con la nipotina”.

Pinda Kida

La mia cultura in passerella

“I miei vestiti sono per tutti e ricordano l’Africa. Io sono una ragazza, tutti i giorni combatto e mi batto per far si che tutti possano far valere i propri diritti per poter esaltare la propria bellezza. La mia cultura fa parte della mia vita, è la cultura di Pinda Kida e anche se all’inizio avevo quasi vergogna del colore della mia pelle, ad oggi non potrei farne a meno. Il Mali fa parte di me e questa parte si fonde con la mia vita in Italia. Non esiste il diverso. Le due culture si incontrano e si fondono ed è proprio questo che tanti ragazzi dovrebbero imparare che non esiste il diverso. Qui potrei sembrare io la diversa ma anche un ragazzo bianco in Mali potrebbe sembrare diverso. L’unicità sta nella persona non nel colore della pelle, è questo che bisognerebbe imparare senza fare differenze. Incontriamoci!”.