Solidarietà di vicinato contro il peccato strutturale e sociale di emarginare i fragili. Intervista a don Tomaino

Sulla solidarietà di vicinato intervista di Interris.it a don Roberto Tomaino, parroco in provincia di Catanzaro della comunità di Soveria Mannelli, rettore del Santuario della Madonna di Fatima che sorge nella città del Reventino

Contro il peccato strutturale e sociale dell’emarginazione delle fragilità c’è bisogno di solidarietà di vicinato. “E’ l’arte di essere un buon vicino. Prossimo a qualcuno. Nella mia comunità, soffriamo la seconda ondata. Anche se in modo circoscritto. Il Covid ha contagiato alcune famiglie. Tra cui molti medici“, spiega a Interris.it don Roberto Tomaino.

Il valore della solidarietà

“Una cosa bellissima che si è attivata è la solidarietà del vicinato. Che passava per la spesa tutti i giorni. Ma finanche dal lasciare un mazzo di fiori alla porta per dire ‘siamo vicini a te‘”. afferma a Interris.it don Roberto Tomaino. Parroco in provincia di Catanzaro della comunità di Soveria Mannelli. Rettore del Santuario della Madonna di Fatima che sorge nella città del Reventino. E aggiunge: “Voglio raccontare un fatto. Prima di Natale faccio lezione nella 5b del Liceo Fiorentino a Lamezia Terme. E, ovviamente in Dad (didattica a distanza)”.

Coperta

Racconta don Tomaino: “Lancio ai ragazzi questa provocazione. ‘Secondo voi il Covid-19 è una coperta? È qualcosa con cui abbiamo iniziato a coprire tutto? È diventata una giustificazione di massa. Per tutto quello che non vogliamo vivere o fare?’ Dopo un po’ di interventi mi risponde un ragazzo, Tommaso. E mi dice: ‘Prof, il Covid è una coperta. Ma è anche un megafono!’ Un megafono per un mondo sordo, aggiungerebbe C. S.Lewis in ‘Viaggio in Inghilterra’ (con i dovuti distingui)”.

Megafono di un mondo malato

Prosegue il rettore del Santuario della Madonna di Fatima. “Tommaso aveva ragione. La pandemia per certi versi è diventato un megafono di un mondo malato. Come dice Papa Francesco. Ci siamo illusi di vivere da sani. La pandemia è diventata il megafono degli scarti. Delle solitudini. Delle sofferenze. Delle corse. E di una normalità quotidiana che non è sempre sinonimo di bellezza e di giustizia!

In silenzio

“La povertà e le povertà. Lo scarto e gli scartati purtroppo sono diventati oggetto di notizia! E grazie a Dio sono diventati in silenzio oggetto dell’amore. E della cura di migliaia di cristiani e di uomini di buona volontà”, sottolinea il parroco calabrese.SolidarietàCosa rappresenta in un santuario mariano la “cultura dello scarto”?

“Innanzitutto fa riflettere come nella società si sia strutturata la ‘cultura dello scarto’. A partire dall’uso improprio del termine ‘cultura’. Cultura, infatti, vuol dire anche modo di abitare. Di vivere. Di coltivare e custodire la propria vita. E le relazioni con gli altri. Ebbene cultura significa principalmente saper raccogliere e accogliere! Non può essere cultura lo scartare”.SolidarietàA cosa si riferisce?

“Nella missione quotidiana di un prete (e di qualunque persona di buona volontà) la cultura dello scarto si declina a diversi livelli. Da peccato strutturale e sociale che ha estensioni globali con i poveri e i migranti fino ad arrivare alla concretizza del quotidiano. Dove scartare significa recidere i rapporti. Quando l’altro non corrisponde ai miei desiderata. Ai miei giudizi”.ChiesaPuò farci un esempio?

“Scartare ogni differenza! Scartare ogni contrasto o punto di vista differente! Scartare ogni sofferenza e ogni persona che soffre! Scartare chi non appoggia le mie battaglie! Scartare chi mette in discussione le mie certezze! La cultura dello scarto come modo di vivere. Che ci anestetizza nei confronti dell’altro. Quando invece la cifra dell’umano e del cristiano sta nel sapere ospitare il dolore dell’altro. Ancora prima di essere un uomo o una donna riusciti e realizzati nella vita”.SolidarietàCosa provoca l’egoismo in termini sociali?

“Non c’è nulla di più concreto dell’egoismo. L’egoismo non è un sentimento generale e indefinito. Non esiste l’egoismo nei confronti dell’umanità. Io sono sempre egoista nei confronti di qualcuno. E per qualcosa che voglio. Come direbbe Sant’Ignazio per vincere l’egoismo bisogna ‘agere contra’. L’egoismo è concreto. Quindi anche l’amore, a maggior ragione, deve essere concreto”.SolidarietàCioè?

L’amore in generale. Diffuso. Ampliato al genere umanità. Alcune volte è il vestito più comodo per il nostro egoismo. L’amore per essere amore desidera il concreto. Anche San Giovanni lo ricorda. ‘Non amiamo a parole. Né con la lingua. Ma con i fatti e nella verità’ (1 Gv 3,18). Per contrastare la ‘globalizzazione dell’indifferenza’ serve la ‘localizzazione della solidarietà'”.SolidarietàIn che modo? 

“Santa Teresa di Calcutta lo diceva bene. ‘Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano. Ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno’. Cosa c’è di più concreto di una goccia che hai la possibilità di tenere in mano?  Ecco l’arte del buon vicinato. Prendersi cura di chi abita di fronte a me. Di chi incontro sempre alla stessa ora nello stesso luogo”.E’ possibile uscirne? 

“La globalizzazione dell’indifferenza può essere sconfitta. Con tanti colpi di martello. Dalla solidarietà concreta locale. Pratica. Vicina. Incarnata! L’arte del buon vicinato a dispetto delle logiche di interesse internazionale. Credendo che la carità non si piega. Ma lavora e resiste! Gli scartati sono tutti e nessuno!”.Perché?

“Mi sembra assurdo dirlo. Ma in realtà è così. Io posso sempre decidere chi scartare. E chi invece accogliere! Posso scartare tutti. E posso accogliere tutti. Posso scartare nessuno. E posso non accogliere nessuno. Il proprio esame di coscienza serale è una road map della propria giornata!  È vero ci sono categorie di scartati a cui il Papa Francesco dà voce. Penso agli anziani soli. Ai poveri. Ai migranti. Ai bambini. Ai giovani. Ai papà senza lavoro. O senza famiglia. Alle donne. E alle mamme”.A chi altro?

“A chiunque è escluso e resta fuori. Nel grande gioco di eliminazione collettiva che alcune volte sembra essere la nostra società. Però ritengo che fin quando ogni cristiano giudicherà la realtà servendosi sempre di categorie sociologiche e generalizzanti. Senza avere dei parametri personali, reali e incarnati. Tutto il reale con il suo dramma rischia di non riguardarmi. Di non toccarmi! E a questo il Pontefice costantemente e fastidiosamente per molti, ci richiama!”.