“Vaccini e interessi economici: ecco la verità”

brevetto

“Obbligo flessibile”. Questa la definizione del progetto sui vaccini che dovrebbe uscire dal cilindro del Ministero della Sanità. Dopo le nuove, recenti polemiche sul tema, sarebbe in cantiere una revisione della legge Lorenzin che obbliga i genitori a far sottoporre i propri figli a dieci vaccinazioni. Il nuovo provvedimento, in procinto di giungere in commissione Sanità del Senato, prevede una mappa dell’obbligo diversificata, in base alla copertura vaccinale di ogni territorio.

Copertura che in Italia cresce: l’ultimo rapporto di Oms Europa e Unicef riferisce che quella contro il morbillo ha avuto un aumento del 3%. In Terris ne ha parlato con il prof. Giulio Filippo Tarro, candidato al Nobel per la Medicina nel 2015, virologo di fama mondiale, già allievo di Albert Sabin, il padre del vaccino contro la poliomelite. A marzo ha dato alle stampe il libro “Dieci cose da sapere sui vaccini” (ed. Newton).

Prof. Tarro, questi dati dell’Oms e di Unicef dimostrano che l’obbligo vaccinale sta portando frutti?
“Credo di sì. Del resto l’Italia nel corso degli anni è diventata un focolaio di epidemia del morbillo, che non ci sarebbe mai stata se fosse avvenuta una vaccinazione consistente. Tenga conto che mi è capitato spesso che gli stranieri, specie gli americani, prima di venire in Italia, mi chiedessero se fosse necessario vaccinarsi contro il morbillo per non rischiare di infettarsi”.

Addirittura all’estero si ha questa idea del nostro Paese?
“Non da oggi, da tanti anni. Nel 1991, nel corso di una conferenza in Italia alla quale era presente anche l’allora ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo, il prof. Sabin, fece una critica molto forte al nostro Paese perché era stato reso obbligatorio il vaccino contro l’epatite B e non quello contro il morbillo, che sarebbe stato più necessario”.

Come valuta questa idea dell’obbligo cosiddetto “flessibile”? Il ministro della Salute, Giulia Grillo, sta ricevendo critiche dal Pd…
“Per rispondere ci tengo a portare anzitutto l’esempio degli Stati Uniti, dove piuttosto che l’obbligatorietà nel corso degli anni è stato preferito il metodo persuasivo, attraverso campagne d’informazione, sull’importanza dei vaccini. Ebbene, oggi grazie a questo metodo la copertura vaccinale è aumentata del 3% Oltreoceano. Dunque non sono in disaccordo con il ministro Grillo. L’importante è che questo processo di cui lei parla, che mira a graduare l’obbligo vaccinale, avvenga di pari passo con la promozione di una migliore informazione sul tema”.

L’informazione sui vaccini ad oggi è scarsa in Italia?
“Il dibattito e la scia di polemiche sui vaccini hanno un po’ risvegliato le coscienze. Ma è ancora scarsa. Il problema risale al passato. Nel 1992, quando fu approvata la legge sul risarcimento dei danni da trasfusioni e da vaccini, il Ministero della Sanità si impegnò a dare informazioni corrette e complete, anche sugli effetti collaterali dei vaccini, nei confronti di chi si andava a vaccinare o portava a vaccinare i propri figli. Purtroppo, tuttavia, questa politica di informazione non è mai stata fatta. Se si fosse intervenuti prima, oggi forse non avremmo avuto questa carenza di base e non avremmo avuto bisogno dell’obbligo”.

Non c’è il rischio che se aumenta la conoscenza sugli effetti collaterali, i genitori siano scoraggiati nel vaccinare i figli?
“Va messo tutto sui due piatti della bilancia. La malattia è peggiore degli effetti collaterali più comuni. E poi, soprattutto, è più probabile essere contagiati da una malattia che diventa epidemia piuttosto che subire gli effetti collaterali di un vaccino. Una volta che si acquisiscono queste conoscenze, diventa poi più facile per i genitori fare valutazioni”.e

Per iscrivere i figli a scuola, ai genitori basterà l’autocertificazione di avvenuta vaccinazione. Che ne pensa?
“È una politica che rientra nella linea della persuasione, che io sostengo. C’è però da rilevare che ad oggi non esiste ancora una informazione sui vaccini da parte degli italiani tale da renderli consapevoli. Sa qual è il punto?”

Mi dica…
“Che in Italia abbiamo sempre bisogno di un ‘grande fratello’ che ci controlli e che dica cosa fare”.

‘Grande fratello’ che rende obbligatori i vaccini per tutelare l’immunità di gregge. Eppure la legge Lorenzin contempla vaccini che sono contro malattie non contagiose. Secondo lei ha senso?
“Sì, ci sono vaccini obbligatori di questo tipo. Penso ad esempio al tetano, che non è contagioso. Fu uno dei primi vaccini ad essere stato reso obbligatorio, diversi decenni fa, in un periodo storico tuttavia in cui questa malattia era molto più diffusa e difficile da guarire. Ma torniamo sempre al punto di cui prima: se esistesse maggiore informazione sui vaccini, gli italiani saprebbero decidere in autonomia il da farsi”.

Cosa fare, a suo avviso, per accrescere l’informazione?
“Le famiglie con bambini dovrebbero essere le prime ad avere interesse ad informarsi, perché la questione riguarda i loro figli. E poi c’è bisogno dell’impegno della scuola, che deve formare ed istruire gli studenti su questi temi”.

Il ministro Lorenzin affermò una volta che gli “imponenti flussi” migratori rendono necessario rafforzare i controlli nei confronti di malattie endemiche. Possibile che l’obbligo dei vaccini in Italia sia stato introdotto anche per questo?
“Ritengo questa correlazione tra obbligo dei vaccini e flussi migratori un errore marchiano. È corretto il controllo sanitario di chi attiva in Italia, ma ciò non riguarda le vaccinazioni. Faccio l’esempio dell’ebola: il periodo di incubazione dura un paio di giorni, pertanto è impossibile che una persona che viene contagiata abbia il tempo di affrontare un lungo viaggio attraverso il deserto e il Mediterraneo e trasportare la malattia in Italia”.

Potrebbe però portarla in via aerea?
“Sì, ma infatti negli aeroporti esistono dei controlli rigidi”.

Nel 2014 alla Casa Bianca, nel corso della Global Health Security Agenda, si scelse l’Italia come capofila per le strategie vaccinali a livello mondiale. Una legge, quella sull’obbligo dei vaccini, calata dall’alto?
“Esattamente. E il progetto di rendere capofila l’Italia si sta compiendo, lo dimostra che è poi seguita la Francia, che da gennaio ha reso obbligatori undici vaccini. Del resto nel campo delle vaccinazioni a livello globale le decisioni non vengono prese dai singoli Stati, ma appunto dall’alto, precisamente al Forum di Davos, cui partecipano i grandi della finanza mondiale, comprese le case farmaceutiche”.

C’è anche un grande business dietro ai vaccini…
“E come se c’è. Negli anni ’80 ci fu un notevole calo dell’uso dei vaccini, quando si scoprì che si potevano citare i produttori in giudizio. A un certo punto solo tre case farmaceutiche erano rimaste a produrre vaccini. Dal 2000 in poi, a Davos, grandi aziende produttrici si sono riunite e hanno deciso di rilanciare il settore. Sa che in modo?”.

Come?
“Promuovendo campagne che favoriscono i vaccini per qualsiasi cosa, esiste una sorta di terrorismo mediatico su pandemie che in realtà sono inesistenti. Addirittura qualcuno parla del ritorno del vaiolo, di cui sono rimasti soltanto due ceppi in tutto il mondo, blindati: uno ad Atlanta e un altro in Russia”.