SUDAN, IL CALVARIO DEI MIGRANTI ARRESTATI DALLA POLIZIA AL CONFINE CON LA LIBIA

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Le sofferenze dei migranti non si esauriscono mai, neanche quando la meta è tamente vicina da poterla quasi toccare con un dito. Ne sanno qualcosa i migranti africani che fuggono dai Paesi in guerra e che tentano di raggiungere l’Europa attraverso la Libia, non un semplice punto di partenza verso la libertà, ma vero e prorpio simbolo di speranza e rinascita. In soli due mesi più di 800 migranti sono stati arrestati dalla polizia sudanese, bloccati al confine con la Libia. A parlare di questa emergenza è Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo, fondatore e presidente dell’agenzia Habesha per l’accoglienza dei migranti africani, in una lunga intervista rilasciata a Radio Vaticana.

Tra i fermi, spiega il sacerdote, “ci sono anche gli arresti che sono frutto dell’accordo che l’Unione Europea ha stretto con questi Paesi nel Processo di Khartoum, e poi successivamente nell’accordo di Malta, che ha esternalizzato i propri confini dell’Europa sempre più a sud dell’Africa subsahariana, chiedendo a Paesi come il Sudan, ma anche il Niger e il Ciad, di fare da gendarmi, così da poter bloccare le persone che tentano di venire verso l’Europa”. Gli arresti, precisa Don Zerai, sono una fonte senza fine di sofferenze per queste povere persone in fuga: tra di loro, vale la pena ricordarlo, c’è chi fugge dalla morte certa, dalla fame, dalla sete, da terribili carestie che non lasciano scampo.

Spesso i migranti servono solo a guadagnare altri soldi, come spiega il sacerdote ai microfoni di Radio Vaticana: “c’è chi priva della libertà queste persone per guadagnarci, perché i trafficanti le sequestrano, negano loro la libertà di movimento e di scelta, vendendole come fossero delle merci. Il tutto a scopo di guadagno. C’è chi limita o nega la loro libertà sulla base di accordi fatti tra Paesi, sia africani, ma anche tra l’Africa e l’Europa. E anche lì di mezzo ci sono sempre i soldi, perché l’Unione Europa ha promesso una pioggia di milioni a diversi Paesi africani a questa condizione, ossia qualora impediscano e neghino la libertà di movimento alle persone, purché queste persone non arrivino in Europa. Non importa infatti perché e da cosa stanno scappando; si preferisce far pagare il prezzo più salato a queste povera gente”.

Il destino di chi scappa, quindi, non è più roseo di quello di chi decide di rimanere, come spiega Don Zeari: ” il destino sta diventando sempre più pericoloso, perché tutti gli ostacoli messi lungo il percorso stanno aggravando e aumentando i rischi per la vita di queste persone. Molti perdono la vita nel deserto, nel mare, e ci sono tantissime altre persone che la perdono nelle carceri. I centri di detenzioni sono pieni di persone spogliate della loro dignità”.