Lo sport ha il grande potere di abbattere i tanti pregiudizi che pesano sulle persone con disabilità. Uno di questi è quello di considerarli diversi e non in grado di svolgere in modo autonomo e preciso una determinata azione. Si tratta di stereotipi non sempre facili da estirpare e che creano una vera e propria forma di discriminazione.
Special Olympics Italia
Movimento internazionale, nato nei primi anni ’60, per volere di Eunice Kennedy Shriver. Sua sorella Rosemary, aveva una disabilità intellettiva e con lei Eunice nuotava, navigava in barca a vela, correva e giocava a calcio. Nonostante ciò, Eunice notava come le opportunità per chi come Rosemary aveva una disabilità, fossero troppo limitate e per questo motivo decise di agire, attraverso lo sport integrato, dove le persone diversamente abili potessero svolgere attività sportiva con le persone che la società definisce normali.
L’intervista
Interris.it ha parlato di sport e inclusione sociale con Stefania Cardenia, direttore regione di Special Olympics Italia team Lazio. Questo movimento coinvolge migliaia di persone di tutte le fasce di età, con diverse forme di disabilità intellettiva.
Stefania, come lo sport può cambiare la vita delle persone diversamente abili?
“L’attività fisica è un toccasana per il benessere fisico e mentale di chiunque la pratica. Nel caso poi della disabilità, lo sport riesce a modificare la routine della persona, portandola fuori di casa, e aprendola a relazioni sociali più ampie, rispetto a quelle della famiglia e, nel caso dei più giovani, a quelle della scuola”.
Quali sono i pregiudizi maggiori?
“Tutte le barriere mentali che costringono la persona disabile che fa sport a dover ogni volta dimostrare agli altri che ce la può fare. Queste chiusure mentali nascono dalla falsa convinzione che solo chi è disabile ha delle difficoltà e non tengono invece conto che qualsiasi persona, che non ha i mezzi idonei, può incontrare dei problemi a svolgere una determinata azione. Per questo motivo è importante cambiare il punto di vista e osservare il mondo delle persone con un handicap in modo differente, liberi da qualsiasi tipo di stereotipo”.
Come si costruisce il concetto di inclusione?
“Partendo dal presupposto che qualsiasi persona è portatrice di una sua unicità, che racchiude in sé un progetto di vita importante. Noi di Special Olympics, con lo sport, ci teniamo a ribadire che chiunque può essere allo stesso tempo abile e disabile e che un mondo per essere considerato perfetto, non può accettare alcun tipo di discriminazione”.
Voi organizzate molte manifestazioni sportive. Pensa che questi eventi riescano a rompere definitivamente le barriere culturali?
“Purtroppo non è facile, ma sicuramente aiutano a far comprende che il mondo è di tutti. Noi di Special Olympics lo facciamo mettendo in risalto le abilità diverse che ogni persona possiede e puntando sullo sport integrato. Grazie a quest’ultimo infatti, dimostriamo come le persone con e senza disabilità possono gareggiare insieme ed essere l’una importante per l’altra”.