Sexting: quello che i genitori non sanno dei loro figli

Il caso della cartella condivisa sul pc di sei studenti delle scuole superiori di Modena, contenente oltre duecento immagini sessualmente esplicite scambiate fra coetanei, ha acceso i riflettori su un aspetto sociale trascurato dagli adulti eppure molto diffuso fra i giovani della cosiddetta “generazione z”: è il fenomeno del sexting, lo scambio di materiale pornografico fra coetanei come pratica sessuale a tutti gli effetti. La padronanza di smartphone e tablet fra i giovanissimi ha consentito la diffusione del fenomeno. Così accade che, tra un messaggio e un emoticon, i minorenni lancino nella rete immagini sessualmente esplicite per gioco, scherzo o leggerezza. Dove queste immagini vadano a finire in seguito non fa loro da deterrente per l'invio. Tre giorni fa, nella sede del Consiglio della Regione Puglia sono stati presentati i risultati di una ricerca svolta dal Comitato permamente “Osservatorio generazionale” dell'Università Aldo Moro di Bari: dai dati emerge che uno studente su due delle scuole superiori di Bari e provincia ha fatto esperienza di sexting tramite Internet o telefono cellulare. Si tratta, cioè, del 53,8% dei giovani che hanno un'età compresa fra 14 e 18 anni. Secondo il documento, il 19,6% dei giovani ha ammesso di aver inviato o condiviso, almeno una volta, immagini o video di se stesso in pose provocanti o con espliciti riferimenti sessuali ed il 20,8% ha dichiarato di aver inviato o condiviso immagini dello stesso tenore con protagonisti altri coetanei.

La scelta dell'algoritmo

Lo stesso studio ha rilevato che l'11% dei ragazzi intervistati invia messaggi sessuali corredati di foto a destinatari sconosciuti. Questa pratica s'innesta bene nel binomio, sempre più preponderante, fra internet e sesso. Secondo i sociologi, il web sarà sempre più il “luogo” di ritrovo di potenziali coppie; per questo, le app stanno puntando a una maggiore targetizzazione, con il rischio – paventato – che le fasi di una relazione amorosa vengano costruite da un algoritmo. Questa è la denuncia che ne fa la giornalista del Guardian Judith Duportail, autrice del libro L'amore ai tempi di Tinder. Nell'inchiesta dedicata all'app di incontri più famosa al mondo, Duportail ha sollevato la questione dell'algoritmo Elo, il codice informatico che, stando a quanto si legge sul brevetto rilasciato dalla società, i profili maschili sono valutati per il loro conto in banca e quelli femminili per il profilo culturale in loro possesso: “È scritto nero su bianco: un uomo istruito e che guadagna molti soldi ha punti bonus, mentre una donna con lo stesso profilo ha punti penalità! Il sistema di matching favorisce gli stereotipi di genere, presentando agli uomini profili di donne meno istruite, con meno soldi e più giovani di loro” dichiara la giornalista nelle parole riportate su Donna Moderna

Giovani annoiati

Umberto Rapetto, Generale della Guardia di Finanza, già comandante del Gruppo anti-crimine tecnologico, è uno dei massimi esperti italiani in sicurezza informatica, crimini tecnologici e mondo del deep web. Nel 1997 l'uscita profetica del suo libro Genitori, occhio a Internet anticipava alcuni temi oggi al centro della cronaca. 

La pratica del sexting (la diffusione e lo scambio di messaggi pornografici tra coetanei) è molto diffusa fra gli adolescenti. Come vede questo fenomeno?
“Ci si trova dinanzi ad una brutta consuetudine che si è diffusa nella convinzione che la 'trasgressione' sia il varco dell'esser diventati grandi. L'esibizionismo, la mancanza di pudore, un presunto 'coraggio' sono gli ingredienti di comportamenti che sorprendono chiunque possa avere un minimo buonsenso”.

Nella sua esperienza, lei ha modo di dire se si tratta di un fenomeno in crescita negli ultimi anni? Se sì, perché?
“La diffusione di certe condotte e la crescita esponenziale in termini di intensità e 'qualità' sono la palese dimostrazione della totale inconsapevolezza di chi partecipa ad una sorta di gioco che equivale ad una moderna roulette russa che non lascia scampo. Prescindendo da qualsivoglia considerazione etica e morale, il non tener conto dell'immoralità di certe immagini e sequenze è prova evidente della leggerezza di tanti giovanissimi. Si assiste ad una escalation della mancanza di rispetto non solo nei confronti degli altri ma anzitutto nei propri riguardi”.

Gli adolescenti hanno una responsabilità? E gli adulti?
“La responsabilità è collettiva. Il problema ha radice nella poca educazione, nella latenza di principii, nella mancanza di riferimenti da seguire, nella vacuità del quotidiano. I giovani si annoiano e credono di sconfiggere il loro disagio con manifestazioni di esuberanza inusitata che ritengono possa attribuire loro caratteristiche di spicco, di sfrontatezza che immaginano essere prodezza, di spudoratezza che equiparano ad un moderno ardimento. I giovanissimi sbagliano e forse è 'compreso nel prezzo' della infinitesimale loro esperienza di vita. L'incoscienza è tipica dell’età e certe scelte sono frutto degli esempi che si sono ricevuti a casa, a scuola, per strada, attraverso la televisione. I modelli negativi purtroppo non mancano. E i veri colpevoli di un simile degrado sono proprio gli adulti che 'per opere e omissioni' hanno determinato la condizione che stiamo vivendo. Il problema esiste ma ci si accorge della sua sussistenza solo quando un caso di cronaca porta alla ribalta un sottosuolo orripilante e paventa sanzioni penali per chi detiene o veicola foto e video di natura esplicita con protagonisti minorenni e quindi risponde di reati connessi alla disponibilità e allo scambio di contenuti pedopornografici”.

Cosa possono fare le istituzioni per arginare questo fenomeno?
“Possono? No, devono. O almeno dovrebbero. Occorre un piano sistematico di intervento di formazione degli educatori, di istruzione dei giovani, di incentivazione ad un differente impiego delle tecnologie a disposizione di tutti. C'è molto da fare e l'unica risposta è costituita dalla farisaica sceneggiata dell'Internet
Safer Day
(come se alla sicurezza online bastasse un solo giorno) o da altre iniziative marginali ed occasionali che da anni non producono alcun risultato. Nel 1997 con due colleghi (Merola e Caporale, all'epoca con me all'Autorità per l'Informatica nella P.A.) ho pubblicato il libro “Genitori, occhio ad Internet”. Eravamo convinti fosse un input importante e invece ricevemmo solo sorrisi di commiserazione, come se balenassimo cose improbabili e fantasiose… Quando penso che i bambini di allora oggi sono mamme e papà, mi accorgo che abbiamo perso quasi un quarto di secolo e un'occasione straordinaria”. 

Adulti e responsabilità

In una realtà sempre più permeata da internet, la mediazione di strumenti tecnologici nelle pratiche sessuali ha un effetto nella dimensione psicologica dell'individuo. I recenti casi di sopraccittati testimoniano che la pratica del sexting non è un fenomeno circoscritto a un'area, ma pervade tutto il Paese, da capoluoghi del Mezzogiorno come Bari a città del Nord come Modena. Da tale consapevolezza parte il prof. Federico Bianchi di Castelbianco, esperto in psicoterapia e psicopedagogia dell'infanzia e membro della Commissione Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Cosa pensa di questa pratica?
“Penso che noi adulti dovremmo smettere di stupirci di casi come questo, togliere la testa dalla sabbia e guardare che si tratta di un fenomeno diffuso, non circoscritto. La cartella condivisa è una cosa estremamente comune fra i giovani. Solo se prendiamo atto dell'entità del fenomeno, possiamo cambiare atteggiamento e puntare ad informare i giovani”

Ritiene, dunque, che sia un fenomeno diffuso?
“Lo è, anzi si dovrebbe imparare a non ritenerla una cosa esclusiva di un'area geografica. Non dimentichiamoci che i ragazzi di oggi, sotto lo stimolo e la spinta degli adulti, hanno imparato a separare la sessualità dall'affettività”.

E quindi?
“Quindi per prima cosa la dimensione della sessualità va scissa da quella affettiva. È anche aumentata la tendenza verso le esperienze sessuali di ogni tipo e si è, inoltre, abbassata l'età. Oggi sempre più frequentemente si comincia ad avere le prime esperienze sessuali dalle scuole medie. I protagonisti sono pur sempre dei ragazzi…”

In che senso?
“Rispetto agli adulti, i ragazzi sono molto diretti: se fanno qualcosa, lo dichiarano con trasparenza, anche qualora lo facessero per soldi. Le ragazze che hanno mandato le loro foto forse non si aspettavano che venissero condivise, ma si sono fotografate non di certo a loro insaputa”.

Cosa è cambiato rispetto a prima?
“Prima si corteggiava, ora non più. E se manca il corteggiamento, viene a mancare l'atto immediato. Non c'è più nulla che prepari prepari alla concretezza, prima il corteggiamento aveva questa funzione”.

Di chi è la responsabilità?
“Senz'altro degli adulti, che hanno modificato il loro comportamento. Prima le separazioni erano un problema familiare, oggi sono un atto quasi scontato: si calcola che in Italia il 50% delle neocoppie si separi con un'alta percentuale i primi mesi dopo l'unione. C'è un altro fattore: gli adulti delegano le loro responsabilità ai bambini, che così si sentono invasi da un ruolo che appartiene agli adulti. Se si dice a un bambino di sei anni 'Fa' l'adulto', gli si dà una delega a comportarsi d'adulto. Oggi manca la capacità di instaurare un rapporto genitori-figli, che è così ridotto ai minimi termini”.

Che relazione ha tutto questo con internet?
“Internet ha preso il posto degli adulti che sanno, perché i ragazzi, non più seguiti dai genitori, sono seguiti dal web. La rubrica sulla sessualità di Diregiovani.it è ogni giorno intasata da oltre 7mila richieste di informazioni ed aiuto. Il problema dei ragazzi oggi è che non vengono informati sulla sessualità per cui fanno di tutto”.

Come si può far fronte alla questione?
“Soltanto attraverso la formazione, perché quando i giovani vengono informati acquisiscono consapevolezza su ciò che stanno facendo”.