Sette ed esoterismo: il quadro italiano

Superstizione, esoterismo, chiromanzia e, infine, affiliazione settaria. Un’escalation rischiosa perché, come diceva Gilbert Chesterton, “quando non si crede più in Dio si rischia di credere a tutto”. Una riflessione profonda mascherata da aforisma, che sonda con particolare efficacia una società umana che fatica a preservare le proprie certezze e che si pone al centro di un’indagine pubblicata da “La Stampa” sul fenomeno delle sette in Italia: una disamina che tiene conto di dati ufficiali riguardanti le tendenze a prestar fede al parere di astrologi e veggenti (30 mila italiani lo fanno ogni giorno, secondo i dati Codacons) ma anche delle testimonianze di chi, per riuscire a sfuggire da una complessa situazione di vita, ha erroneamente creduto di poter risolvere i propri problemi attraverso i consigli di qualche guru, rendendosi presto conto (non senza difficoltà) di quanto il tutto fosse in realtà ancor più deleterio, per la salute fisica ma anche (e soprattutto) psicologica: “Un ginepraio – riporta l’inchiesta – composto da false promesse, abusi sessuali, allontanamenti da famiglie e amici oltre che un impoverimento economico che si traduce in fatturato di 8 miliardi di euro, secondo un rapporto del Codacons, sui ciarlatani che promettono cure immaginarie”. Un dato ancor più allarmante considerando che “non esistono leggi per contrastare questa che sta diventando una vera e propria emergenza”.

Il fanatismo

Una forma di assoggettamento, quello esercitato dalle sette, che mira in particolare a far presa sulla mente delle persone, specie di chi attraversa momenti difficili, esponendo involontariamente se stesso a modalità di plagio psicologico. Un passaggio ben più semplice di quanto si pensi: “Nel fiorente supermarket globalizzato delle false credenze – ha spiegato nell’ambito dell’inchiesta don Aldo Buonaiuto che anima il Servizio AntiSette della Comunità Papa Giovanni XXIII -, si finisce nel mondo dell’occulto anche attraverso canali apparentemente innocui come le tendenze New Age, i culti ‘fai da te’ e i potenziali adepti contesi in Rete dalle mille sigle delle false credenze religiose”. Le vittime, infatti, “cadono in trappola attraverso libri scritti ad hoc, che stimolano la curiosità, nei quali vengono citati siti web da visitare per approfondire determinati argomenti, poi attraverso i siti ci si iscrive a dei seminari e il gioco è fatto”. E ancora: “Il fanatismo è un tratto essenziale di quella che, per le associazioni antisette, è la manipolazione mentale. Un abuso psicologico costante a cui, nella maggioranza dei casi, segue quello economico. Gli adescatori delle sette si mascherano spesso dietro una facciata religiosa per raggirare le vittime e ricercare il proprio profitto personale”. Un punto focale, questo, anche perché in molti casi a rimetterci sono i nuclei familiari: “Nell’ultimo anno – si spiega ancora nell’indagine del quotidiano – l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria ha inviato a varie procure le numerose segnalazioni arrivate da genitori in fase di separazione che imputano il cattivo agire dei rispettivi coniugi all’appartenenza di alcuni di essi a sette pseudo cristiano-religiose”.

Nomadismo culturale

Sette e manipolazione psicologica vanno dunque di pari passo, con alcuni tratti che, in qualche caso, risultano comuni: “Tra gli adepti dei gruppi alternativi si ostenta spesso un disprezzo per la cultura occidentale ripreso dalla polemica del sessantotto di stampo marxista-comunista… Il percorso più comune degli adepti reclutati da culti orientali è stato dal marxismo all’esoterismo“. E anche in questo, si cela l’enorme difficoltà insita nel contrasto: “Spesso – si spiega citando ancora don Aldo Buonaiuto – i familiari che intendono sottrarre i loro cari alla manipolazione della setta, si trovano a scontrarsi con mitologie di gruppo che sfociano in una sorta di nomadismo culturale che induce gli adepti ad abbandonare una setta per rifugiarsi in un’altra”. Una situazione legata, molte volte, all’inconsapevolezza di chi, magari per ragioni che nulla hanno a che fare con la propria storia personale, scelgono di avvicinarsi a pratiche modali che, spesso, travisano il loro stesso significato.